IL DISTRETTO DELLA PELLE di Santa Croce sull’Arno è legato a dopo filo al mondo del fashion. E sta ancora scontando il peso della pandemia, tant’è che i valori, secondo gli ultimi dati, restano sotto i livelli di produzione e fatturato pre-pandemici tra il 5 e il 20%. Con un’ulteriore serie di incognite legate alla quarta ondata dell’emergenza sanitaria scatenata dalla cariante Omicron: il turismo fermo, o quasi, le vie dello shopping deserte in tutto il mondo, la Cina – strategica per la moda in pelle – completamente blindata; e infine un 2022 che doveva partire in accelerazione e che vede le aziende fare molta fatica ad intercettare la domanda sui mercati. Il tutto dopo un 2021 che si è caratterizzato per difficoltà di approvvigionamento e l’aumento, anche a doppia cifra, delle pelli e dei prodotti chimici, dei costi energetici. Stiamo parlando di un settore che conta, in Toscana tra le province di Pisa a Firenze, 500 aziende, tra concerie e terzisti, 6 mila addetti, un fatturato da 2 miliardi e 400 milioni ed una quota export che raggiunge il 70% del giro d’affari. Un distretto dai grandi numeri nel quale è concentrato il 35% della produzione nazionale di pelli, e il 98% di quella di cuoio da suola. Ma anche un distretto che non ha mai smesso, neppure durante questi due anni così difficili, di concentrarsi su innovazione e ricerca che sono state fino ad oggi il segreto del suo successo. Al centro una struttura chiave, come il Polo Tecnologico Conciario di Santa Croce sull’Arno, partner del centro tecnologico Ctc che ha sede a Lione in Francia. Al suo interno operano una conceria sperimentale all’avanguardia, laboratori per esami sul prodotto finito e su acque e reflui industriali e un vero e proprio reparto calzaturiero in miniatura per creare scarpe ...
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