
La piramide a gradoni di Saqqara (da il resto del carlino)
Il Cairo, 13 giugno 2016 - LA PIRAMIDE a gradoni di Saqqara, la più antica piramide egizia, potrebbe crollare. E non certo per farneticanti minacce dell’Isis, ma per motivi molto più concreti: ha subito danni strutturali e un restauro sbagliato sta peggiorando la situazione. A lanciare l’allarme è un team di studiosi di Istituti di Egittologia europei con sede al Cairo e di archeologi egiziani indipendenti (legati all’associazione “Non-stop Robberies”), che tracciano un quadro della situazione molto grave e che non risparmiano accuse al ministero della Cultura e al Servizio delle Antichità in Egitto, che da un paio d’anni si sta occupando del restauro dell’antico monumento. La piramide di Saqqara, fatta costruire dal faraone Zoser durante la terza Dinastia (nel 2670 a. C., nel corso dell’Antico Regno agli albori della storia dei faraoni egizi), più di altre sepolture simili risulta indebolita dall’usura del tempo e dagli attacchi dell’umidità, che sale dal terreno. Un colpo decisivo alla delicata struttura lo ha inferto il sisma del 1992, che provocò danni strutturali alle parti portanti, causando piccoli, ma ripetuti cedimenti negli anni a venire. A SEGUITO di insistiti allarmi e di un crollo laterale sul fianco esposto a nord, il Servizio delle Antichità nel 2013 ha approntato un piano di intervento il più possibile rapido ed efficace. «Tuttavia si sono fatte le cose all’egiziana», afferma un archeologo francese, che a lungo ha lavorato a Saqqara e che preferisce mantenere l’anonimato. In effetti Mamdouh al Damaty, ministro per i beni storici, affidò la “guarigione” della piramide alla società di restauro Shurbagy, totalmente egiziana e incaricata per la prima volta di un lavoro di importanza mondiale, in perfetta sintonia con il comportamento dei governi successivi a Mubarak, che stanno nazionalizzando le ricerche archeologiche e riducendo le missioni estere in riva al Nilo. Gli “esperti” all’opera hanno combinato disastri sempre più evidenti: hanno operato un restauro massiccio, invasivo, di fatto contro la norma dell’Unesco, sottoscritta all’unanimità, secondo la quale un restauro anche in casi estremi non può modificare oltre il 5% dell’aspetto esteriore di un monumento, soprattutto quando esso è di importanza mondiale. «ALTRO CHE 5%. Nel caso della piramide di Zoser l’intervento è stato massiccio, concentrato in alcuni punti a macchia di leopardo e ben visibile. Blocchi di pietra calcarea hanno tappato le falle prodottesi oltre ogni misura e ora conferiscono alla struttura un aspetto ridicolo, quasi surreale. Un vero e proprio crimine!», affermano gli attivisti di Non-stop Robberies e di altre associazioni, oltre che archeologi di fama mondiale come il britannico Peter James. Che fare? «Andrebbe tutto smontato e l’intervento andrebbe rifatto, rinforzando la parte interna con un materiale il più possibile simile per colore e natura ai gradoni originali, in pietra cruda o in grossi blocchi, col tempo diventati più scuri e più friabili. Si potrebbero usare il sistema “water wall”, riempitivi pieni d’acqua in plastica, sistemati ovviamente all’interno, che bloccano le parti pericolanti», conclude lo stesso James. LA PIRAMIDE di Zoser è il primo esempio realizzato dall’uomo di monumento in pietra tagliata; ed è la più antica struttura a forma piramidale. Imothep, l’architetto che la realizzò e che per questo fu divinizzato, la ricavò con la sovrapposizione di terrapieni a grandezza decrescente (di qui l’aspetto di struttura a gradoni); la forma piramidale a livello simbolico ricordava il “nun”, la collina primordiale, che secondo gli egizi per prima uscì dalle acque eterne del Nilo, quando gli dèi crearono la Terra. Il faraone Zoser voleva un monumento visibile a distanza e che durasse nel tempo, eternando il suo nome. Ora la durata di questo simbolo del genio umano potrebbe finire.