Mercoledì 9 Ottobre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Le prossime mosse di Israele e Iran. "Nessun Paese vuole l’escalation". Lo storico: il faro non è più su Gaza

Il professor Kamel: fase pericolosa, Tel Aviv e Teheran stanno ridefinendo le regole d’ingaggio. "Netanyahu mirava a riottenere il sostegno occidentale e a spostare l’attenzione dalla Striscia"

Roma, 20 aprile 2024 – Professor Lorenzo Kamel (storico dell’Università di Torino) assistiamo a quello che il segretario generale dell’Onu ha definito un “ciclo di ritorsioni”. Dove ci può portare? C’è una linea rossa che i due Paesi non supereranno?

"George Orwell era solito sostenere che “ogni guerra, quando arriva, o prima che arrivi, viene rappresentata non come una guerra ma come un’autodifesa contro un maniaco omicida”. Molte guerre del nostro tempo non fanno eccezione. Ciò premesso, questa fase appare particolarmente pericolosa in quanto le autorità israeliane e quelle iraniane stanno ridefinendo le loro regole di ingaggio. Lo stanno facendo sulla scia della catastrofe umanitaria in corso a Gaza, ricorrendo sovente ad azioni e a stereotipi che parlano alla pancia – e dunque agli istinti – dell’opinione pubblica dei rispettivi Paesi".

Il presidente Usa Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu
Il presidente Usa Joe Biden e il premier israeliano Benjamin Netanyahu

Ma andando alla sostanza? Israele aveva promesso una risposta e Teheran aveva avvertito che se ci fosse stata, la sua reazione sarebbe stata ancora più pesante. Ma la ritorsione di Israele sembra essere stata simbolica e l’Iran ha subito detto che non prevede attacchi in risposta. Le parole sembrano essere vuote. A che gioco stanno giocando le due parti?

"La risposta iraniana è stata volutamente limitata in termini di obiettivi. Ancora più “moscia” – per usare l’espressione utilizzata dal ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Ben Gvir – è stata la contro-rappresaglia israeliana con tre droni, che non è stata rivendicata e che Teheran non considera come un vero attacco. Le autorità israeliane miravano a compattare il sostegno occidentale alle proprie strategie, che era scricchiolante, e a spostare l’attenzione lontano da Gaza: la rappresaglia iraniana ha reso possibile entrambi gli obiettivi e, al momento, le autorità israeliane non hanno interesse a un’escalation".

E neppure quelle iraniane vogliono la guerra con Israele?

"Anche l’Iran sa benissimo che rischierebbe molto e non ha interesse all’escalation. E questo se vogliamo è l’unica nota positiva: che nessuno dei due attori vuole davvero un confronto diretto, al di là delle parole. Se entrambi gli attori possono dichiararsi vincitori, al di là che sia vero o meno, si creano le condizioni per evitare una escalation".

Israele sembra essere un Paese unito nella risposta all’attacco di Hamas ma diviso politicamente. Crede che la richiesta delle opposizioni di arrivare a nuove elezioni sia attuabile a guerra di Gaza in corso?

"Tanto i palestinesi quanto gli israeliani hanno bisogno di nuove classi politiche, dopo gli evidenti fallimenti che hanno caratterizzato le leadership di entrambi i popoli. Ciò premesso, uno dei “principi di base” letti il giorno in cui ha giurato l’attuale governo israeliano sottolineava che “il popolo ebraico ha il diritto esclusivo e inalienabile su tutte le parti della Terra di Israele“. È improbabile che nuove elezioni cambieranno questo orientamento".

La minaccia iraniana, per sventare la quale l’aiuto americano è determinante, porterà Netanyahu ad accettare più miti consigli?

"A me questi miti consigli sembrano più di facciata che reali. Se Biden fa delle critiche alla politica messa in atto dal governo Netanyahu ma poi si continuano a fornire armi, qualche frase di circostanza non cambierà la realtà e cioè che Biden sta comunque fornendo pieno sostegno, anche militare, al governo Netanyahu".

Come se ne esce?

"Non esiste una ricetta univoca, ma di certo un cessate il fuoco a Gaza spingerebbe sempre più persone a prendere coscienza del fatto che, nelle parole del giornalista israeliano Meron Rapaport, “la guerra incessante con i palestinesi non può ottenere la vittoria desiderata e l’unico modo di vivere in sicurezza è attraverso un compromesso politico“".

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