
La fossa comune con 800 bambini trovata in Irlanda (Ansa)
Roma, 15 luglio 2025 – In Irlanda si fanno i conti con un passato oscuro. Sono iniziati ieri gli scavi nel sito di Tuam, dove un’ex casa di accoglienza cattolica per donne non sposate nascondeva i resti di 796 neonati. L’obiettivo è quello di recuperare i corpi, identificarli e, se possibile, restituirli alle rispettive famiglie.
Scavi a Tuam
Un team di 18 persone, tra cui archeologi, antropologi e specialisti forensi, è pronto a cercare giustizia per i bambini sepolti nei pressi della Bon Secours Mother and Baby Home, nel cuore della contea di Galway. A guidare il comitato sarà Daniel MacSweeney, ex inviato del Comitato internazionale della Croce Rossa. Un progetto che durerà almeno due anni e che non manca di insidie: le grandi dimensioni del sito, l’infiltrazione dell’acqua e la mescolanza dei resti umani rendono l’operazione estremamente complessa. “Sono tutti elementi che, insieme, complicano ulteriormente la sfida – ha spiegato MacSweeney –. Si tratta di un recupero di tipo forense, simile a una scena del crimine. Il nostro team include esperti nella gestione di questi contesti. La legge ci impone di contattare il medico legale o la Gardaí (la polizia irlandese) nel caso trovassimo segni di morte non naturale”.
I lavori nell’area dell’ex istituto cattolico sono iniziati su un’area di circa 5.000 metri quadrati, dove un escavatore ha cominciato a rimuovere i primi strati di terra.
La scoperta di Catherine Corless
L’indagine è stata avviata nel 2015 dal governo irlandese, dopo quasi un decennio di silenzi e omissioni. A fare l'agghiacciante scoperta della 'fossa comune' di Tuam è stata Catherine Corless, storica locale, che ha trovato centinaia di documenti e registri legati alla scomparsa di 796 bambini. Dopo il ritrovamento, si è battuta per quasi un decennio perché la verità venisse a galla. Una battaglia per niente semplice: fin dall’inizio le sue ricerche sono state ostacolate dalle stesse suore che avevano gestito l’istituto, le quali, di fronte all’evidenza di quella che appariva come una fossa comune, sostenevano che si trattasse solo di alcune ossa risalenti al periodo della Grande Carestia, un’ipotesi poi smentita dalle successive indagini forensi. “È un grande sollievo sapere che finalmente qualcosa si muove – ha dichiarato Corless –. È stata una lunga attesa, quasi travolgente. Ma è una gioia per me e per tutte le famiglie che sperano ancora di ritrovare i resti dei propri cari”.
Centinaia di bambini morti e donne abusate
La Bon Secours Mother and Baby Home operò tra il 1925 e il 1961 come casa di maternità per madri non sposate. Un luogo che, più che offrire accoglienza, fu un incubo per le donne che vi erano confinate. Scarse condizioni igieniche, sovraffollamento e abusi psicologici rendevano la permanenza estremamente dura. Molte madri finivano nella casa contro la loro volontà, o sotto le pressioni di una società che considerava scandaloso avere un figlio fuori dal matrimonio. Nascondersi era l’unica via possibile. Dopo il parto, le donne erano costrette a rimanere fino a un anno nella struttura e a svolgere lavori non retribuiti, per ‘ripagare’ la loro permanenza. Non è tutto. La separazione tra madri e figli era prassi comune. I neonati, nella maggior parte dei casi, venivano trattenuti e spesso morivano per malattie prevenibili, malnutrizione, condizioni igieniche disastrose e cure mediche inadeguate, come indagato dal Final Report of the Commission of Investigation into Mother and Baby Homes. La struttura chiuse nel 1961, dopo 36 anni di attività. Secondo la Commissione, la decisione fu dovuta sia al ritiro delle suore Bon Secours, che cessarono le attività a Tuam, sia alla crescente attenzione pubblica sulla condizione delle madri non sposate. Il rapporto ha comunque escluso la presenza di omicidi deliberati, ma ha definito le condizioni di vita nella struttura come “gravemente inadeguate” e “inaccettabili”.