
Kim Jong-un (Ansa)
Pyongyang, 9 ottobre 2014 - Malato? Vittima di un colpo di stato? Semplicemente in disintossicazione dalla sovraesposizione degli ultimi tre anni? Le ipotesi si susseguono sulla stampa internazionale, ma nessuno è in grado di dire perché il numero uno nordcoreano Kim Jong Un non appare in pubblico ormai dal 3 settembre. Mai Kim, al potere dal 2011 dopo la morte del padre Kim Jong Il, si era assentato così a lungo dalle occasioni pubbliche. Domani però potrebbe esserci uno snodo importante della vicenda, perché ricorre il giorno della Fondazione del Partito dei lavoratori coreani, la struttura che, assieme alle forze armate, fa da cassaforte del potere nel regime dei Kim.
Sono ormai 36 giorni dalla scomparsa dai radar di Kim e le illazioni sono all'ordine del giorno. Tutti i principali media mondiali sono impegnati in una corsa a cogliere i minimi segnali: l'attitudine a parlare di più con l'estero di queste ultime settimane può essere legata a una caduta di Kim? Il fatto che in una certa visita alle comune agricole la KCNA - agenzia di stampa ufficiale - ha segnalato la presenza del premier invece che del leader vuol dire qualcosa? C'è anche chi evoca una fine della dinastia del Kim, ormai arrivata con Jong Un alla terza generazione.
Lo fa il Guardian in un articolo nel quale avanza l'ipotesi, con un punto interrogativo. Il Guardian segnala che alla solenne sfilata dedicata agli atleti di ritorno dai Giochi asiatici, al posto dell'assente Kim, c'erano tre funzionari uno dei quali, Hwang Pyong So, in realtà non ha nulla a che fare con lo sport ma col cosiddetto Dipartimento guida e organizzazione.
Questa ipotesi, scrive il quotidiano britannico, è in particolare sostenuta da un fuoriuscito nordcoreano, il quale afferma che quella struttura potrebbe aver assunto il controllo del potere. Si tratta comunque di un gioco pericoloso anche per chi è dato in ascesa: la sovraesposizione, in un regime come quello nordcoreano, potrebbe costare cara a chi si espone. Tutti ricordano il caso dello zio di Kim, Jang Song-Thaek, che sarebbe stato giustiziato (assieme a tutta la famiglia) alla fine del 2013. Anche nel suo caso si parlava di un tentato colpo di stato.
Il New York Times, invece, dà conto di una serie di speculazioni apparse sui social network cinesi secondo i quali un eventuale colpo di stato potrebbe essere stato architettato dal vicemaresciallo Jo Myong Rok. "Un solo problema: Jo pare che sia morto diversi anni fa", precisa il quotidiano americano.
Un'altra ipotesi che è particolarmente diffusa sui media è che Kim sia malato e si stia riprendendo in una villa, lontano dalle telecamere che non lo devono riprendere in condizioni men che ottimali. Sulla natura di questo male, sono circolate voci di tutti i tipi, inutile inseguirle. Mentre il leader si riposa, secondo alcuni gruppi legati ai fuoriusciti, sarebbe la giovane sorella Kim Yo Jong a tenere in mano le redini del potere.
Quanto valgono queste voci? Tanto e nulla: nulla perché basta che di punto in bianco Kim riappaia in pubblico e saluti con la mano, cosa che potrebbe succedere anche domani, e verranno spazzate via in un attimo; tanto perché queste voci sono l'unico refolo d'informazione che spira dal versante nord del 38mo parallelo. E dimostrano che, in questi tre anni, comunque il potere di Kim Jong Un non è ancora consolidato.
Già dalla vicenda di Jang appariva chiaro che, nelle segrete stanze del potere nordcoreano, c'è qualcosa in movimento. Questo fatto non è necessariamente positivo, come segnala oggi in un commento Foreign Policy. "La cosa più pericolosa per la Corea del Nord è l'imprevedibilità", scrive Isaac Stone Fish. Pyongyang è dotata, probabilmente, di capacità nucleari e sta rapidamente affinando la sua capacità missilistica per colpire il territorio Usa.
Kim Jong Un, tutto sommato, è ormai "un'entità relativamente conosciuta". Di un eventuale leader post-Kim, che sia Hwang che sia un altro, si sa poco o nulla. E, comunque, il sistema nordcoreano richiede una legittimazione forte, quasi religiosa, che un eventuale nuovo leader dovrebbe ancora costruirsi, probabilmente mostrando decisione e pugno duro.
Kim è stato oggetto di una costruzione del culto della personalità durata anni. L'ipotesi più plausibile, secondo molti analisti, è che comunque Kim sia saldo al potere. In Corea del Nord i media continuano nella loro indefessa opera di lode del Maresciallo e, in un sistema totalitario come quello di Pyongyang, il capo non deve rendere conto a nessuno se vuol prendere del riposo. Diversamente dai sistemi democratici, dove i leader sono costantemente sotto l'occhio delle telecamere, i dittatori possono sparire anche per mesi dai radar come - ricorda il NYT - faceva Kim Jong Il, in particolare dopo l'ictus del 2008. In ogni caso, spiega John Delury, un esperto della Yonsei University di Seul, " a un certo punto, se Kim non appare in pubblico, allora dovremo presumere che c'è un serio problema. Il punto è: quando?".