Venerdì 26 Aprile 2024

La sfida di Renzi, fare il numero due

Accetta di non essere il frontman, il frontrunner, della campagna elettorale. Al suo posto, stavolta, Carlo Calenda

La notizia c’è: Matteo Renzi che accetta di non essere il frontman, il frontrunner, insomma di non essere il numero uno della campagna elettorale. Al suo posto, stavolta, Carlo Calenda, segretario di Azione, con cui il leader di Italia Viva ha appena siglato un’intesa (reggerà, ci chiedevamo stamani su QN?). L’ex presidente della Provincia, ex sindaco di Firenze, ex segretario per due volte del Pd, ex presidente del Consiglio non è mai stato il vice neanche di sé stesso. E quando ha invece avuto dei numeri due (dalla presidenza della Provincia fiorentina nel 2004 alla Leopolda dalla quale ha lanciato, fin dal 2010, l’assalto alla diligenza, pardon, alla dirigenza) alla fine sono stati inglobati, ciucciati come una caramella. Quello che si è avvicinato di più a un vice, ma anche a un fratello maggiore, è stato Graziano Delrio. Le speranze, invero, erano assai diverse per i suoi compagni di viaggio, a vario titolo rottamati. 

Un frame del video di Renzi: "Anche in politica servono gli assist"
Un frame del video di Renzi: "Anche in politica servono gli assist"

Nell’indole del personaggio non esistono numeri due. Lui non li vuole, né lui vuole esserlo. Ogni volta che gli hanno proposto un ruolo non di primo piano, ha detto “No, grazie”. Quando nel 2004 venne candidato a Palazzo Medici Riccardi, i Ds ridacchiarono; come vicepresidente fu scelto l’ex sindaco di “Sestograd” (Sesto Fiorentino) Andrea Barducci, pensando di poterlo sottoporre a un controllo eterodiretto. Fu il contentino che arrivò dopo tre anni di strepiti e ultimatum del giovane Renzi, che all’inizio del mandato da segretario provinciale della Margherita aveva dichiarato guerra allo “strapotere rosso” dei Ds pigliatutto, chiedendo più posti nell’allora giunta Domenici (la prima, quella che prese il via nel 1999) e aprendo una crisi nella maggioranza nel 2002, durante la quale il sindaco Leonardo Domenici, per tentare di risolvere la situazione, gli propose il ruolo di vicesindaco (risposta: no). Alle primarie fiorentine del 2009, quando vinse contro candidati sostenuti dal Pd nazionale, gli proposero di farsi un altro giro in Provincia, ché tanto poi sarebbe venuto il suo turno, prima o poi (risposta: no).

Inutile chiedergli di essere vice di qualcuno. Almeno fino a oggi. Oggi Renzi accetta un accordo con un altro leader, acconsentendo che sia lui a guidare la campagna elettorale. “Si sta defilando molto, molto…”, dicono da Italia Viva. Bisogna capire fino a che punto. 

“Per costruire una casa nuova ci vuole un pizzico di follia, e quella non manca. Ci vuole l’entusiasmo, che in queste settimane è stato addirittura straripante. E ci vuole anche tanta generosità. Perché consentire a un progetto di partire richiede anche che qualcuno sappia fare spazio e non pretendere ruoli”, dice ora il senatore di Scandicci: “Per questo lascio volentieri che sia Carlo Calenda a guidare la campagna elettorale. Talvolta abbiamo discusso, lo sapete, ma i punti che ci uniscono sono molti di più di quelli che ci dividono. Chi ci crede deve fare di tutto per unire, non per dividere. E io ci credo. Per questo faccio il primo passo con il sorriso”. Per un’alternativa, dice Calenda, al bipopulismo.