Giovedì 25 Aprile 2024

Mustafa e il sorriso nonostante

La lezione del piccolo siriano

L'editoriale di Michele Brambilla

L'editoriale di Michele Brambilla

Oggi, come vedete, il nostro giornale è “incartato” (brutto termine: ma il gergo è questo) con la storia di Mustafa El Nezzel, 6 anni, nato a Idilib, in Siria, senza braccia e senza gambe perché sua madre, quando lo aveva in grembo, rimase vittima di un bombardamento con armi chimiche. È il bimbo della foto simbolo, che lo vede – sorridente – tenuto in braccio, e proteso verso l’alto, dal padre Munzir, anch’egli mutilato (è privo di una gamba) per via della guerra. Mustafa e suo padre da venerdì sera sono in Italia, a Siena; e presto andranno a Budrio, al centro dell’Inail in cui si cercherà di fare un mezzo miracolo.

Cioè di restituire, per quanto possibile, un qualche uso delle gambe e delle braccia a Mustafa e Munzir. Il centro di Budrio è una delle eccellenze italiane, e siamo certi che farà del suo meglio.

Ma torniamo al nostro “incarto”. Perché lo abbiamo fatto? Venerdì mattina il nostro editore, Andrea Riffeser Monti, mi ha telefonato e mi ha detto: "Ora che sono in Italia, anzi ancor più ora che sono in Italia, questo bimbo e suo padre sono figli nostri, fratelli nostri. Dobbiamo avere cura di loro, troveremo un lavoro al padre e non li abbandoneremo". Poi, alla fine della telefonata, ci siamo scambiati una frase, la frase più banale che si possa dire in simili casi: "Queste sì che sono le cose gravi". Frase banale, ripeto, e va bene: ma vera. Anche dire che ogni mattina sorge il sole è banale: ma è vero.

E c’è un grande insegnamento in queste semplici parole, se non le accantoniamo. Dire che Mustafa e suo padre sono fratelli e figli nostri, è ricordarci che non dobbiamo mai chiederci per chi suona la campana, perché essa suona sempre per tutti noi, perché nessun uomo è un’isola. All’inizio della pandemia ci promettevamo tutti questo: che non avremmo dimenticato mai più che nessuno può bastare a se stesso. Sono bastati i vaccini e le chiusure per dividerci di nuovo e per farci litigare. Guardatela bene, quella foto: Mustafa sorride. Sorride nonostante, e che lezione dà a tutti noi, per tante scemenze angustiati, magari anche per un calcio di rigore che non c’era.

Da domani torneremo a parlare di Quirinale e di franchi tiratori, di Green pass e di No vax. E torneremo immersi in quella realtà quotidiana che il sorriso di Mustafa ci ricorda essere invece irrealtà e distrazione, inchiodandoci alle nostre responsabilità. Mustafa è qui con noi. E per noi.