Venerdì 26 Aprile 2024

Le raccomandazioni. Zio esiste, ma non basta

Il comico Francesco Salvi dice che "la quantità di raccomandati è la prova dell’esistenza di zio". Siamo nel Paese del "tengo famiglia", e per trovare lavoro la spintarella è considerata ancora la strada più efficace. Ma guai se i nostri ragazzi pensassero che non c’è altra via. Guai perché chi non dispone di uno zio si sentirebbe sconfitto in partenza; e guai soprattutto perché è vero che le raccomandazioni aiutano, ma è ancor più vero che chi merita, e si dà da fare, un lavoro lo trova sicuramente. E altrettanto sicuramente farà più strada dei raccomandati.

In queste pagine Marco Girella offre ai ragazzi una sorta di manuale di istruzioni per affrontare i colloqui di lavoro. Sono consigli preziosi di un esperto, ai quali mi permetto di aggiungere qualche altro spunto: da non esperto, ma da padre di famiglia che ha ragazzi in età di primo impiego. 

E allora: la prima cosa che mi sento di suggerire ai giovani è quella di non cedere al vittimismo. È vero che oggi il posto fisso non esiste più, neanche come prospettiva; e che le imprese fanno molta più fatica ad assumere. Ma ripetere il ritornello "questa è la prima generazione più povera della precedente" (ritornello inventato peraltro non dai giovani ma dai loro padri, cioè da noi) vuol dire offrire ai ragazzi un alibi per stare sul divano a lamentarsi. Ed è pure una fesseria, perché la nostra generazione avrà avuto più posti di lavoro a disposizione, ma erano in gran parte posti di lavoro che oggi tanti giovani italiani neppure si sognano di accettare, perché hanno studiato più di noi, hanno goduto di un benessere superiore rispetto a noi, e quindi si aspettano molto di più. Ai ragazzi - prima ancora di arrivarci, al colloquio di lavoro - consiglio di coltivare più relazioni possibili, perché i rapporti umani valgono assai più che un curriculum inviato via mail; e consiglio di pensar bene prima di rifiutare uno stage non pagato, perché chi ti prende a fare uno stage ti insegna un mestiere. E infine, ripeto le tre parole che mi disse Luca Goldoni quando, adolescente, gli chiesi come si diventa giornalisti: "Ti servono tre cose: tenacia, tenacia, tenacia".