Giovedì 25 Aprile 2024

Cos'è il price cap per gas e petrolio: quali sono i rischi

Il meccanismo sarà molto complesso da strutturare. Russia potrebbe reagire bloccando le esportazioni per creare una crisi

Il G7 ha dato disco verde ad un "price cap" per i prodotti petroiferi. In primis il petrolio ma anche il gas. Ma il problema adesso è il come. E il diavolo spesso è nei dettagli. Creare il meccanismo che fissi un "tetto di prezzo", come da significato, dei prodotti petroliferi importati dal Russia non sarà per nulla facile. E richiederà mesi. Come ha detto oggi Mario Draghi "mi auguro che sia pronto per ottobre". 

Un operaio in un impianto di gas in Romania (Ansa)
Un operaio in un impianto di gas in Romania (Ansa)

Il tetto ai prezzi dei prodotti petroliferi può essere introdotto come sanzione a Mosca, fissando una tariffa limite al di sopra della quale gli Stati europei non potrebbero pagare. Questo esporrebbe però gli importatori a rischi legali da parte di Gazprom, che potrebbe pretendere il pagamento già concordato alle condizioni stabilite.

Per gestire il tetto salvaguardando gli importatori andrebbe probabilmente creato un acquirente europeo unico (la Commissione Europea?) per tutte le importazioni via gasdotto dalla Russia. A esso andrebbe affidata l’allocazione dei quantitativi importati tra i diversi paesi e ai diversi operatori nazionali.

Nell’allocazione tra i diversi paesi del gas contrattato dalla Commissione dovrebbe essere imposto un obbligo agli importatori nazionali e agli altri soggetti della filiera di contenere i ricarichi senza lucrare le rendite potenziali derivanti dalla differenza tra il prezzo con "tetto" e quello di mercato del gas. 

In alternativa, si potrebbero avere acquirenti unici per i singoli paesi europei. In entrambi i casi questo creerebbe nel mercato europeo del gas un segmento pagato ai fornitori russi a un prezzo controllato inferiore a quello prevalente negli altri contratti di fornitura e nel segmento del Lng. Il gas che arriva dalla Libia, dall'Algeria, dall'Azerbagian, dal Qatar, avrebbe un prezzo, quello dalla Russia un altro. Il che, in caso di riduzione o blocco delle forniture russe, potrebbe far impennare il prezzo che viene dal resto del mondo.

Rischio triangolazioni

Altro problema è il rischio di triangolazioni, con il petrolio più che il gas che potrebbe essere venduto a paesi terzi (l'India, la Cina, l'Indonesia, la Turchia) e da lì rivenduto in occidente, a prezzi a quel punto molto simili agli attuali, con sovraprofitti per i "triangolatori" e magari per la stessa Russia che potrebbe accordarsi con loro per avere una parte dei sovraprofitti. Il programma delle Nazioni Unite "Petrolio in cambio di cibo" in Iraq negli anni '90 e il regime di eccezione alle sanzioni in Libia nel 2011 sono stati entrambi oggetto di frodi dilaganti e sono stati utilizzati illecitamente dai regimi destinatari per trasferire il denaro all'estero. Per questo andrebbero riviste sanzioni secondarie contro le istituzioni finanziarie straniere che partecipano a transazioni che violano il limite di prezzo. 

La reazione della Russia

Ma il problema è soprattutto la reazione della Russia che probabilmente reagirebbe con forza per non rinunciare alle entrate di valuta pregiata che oggi alimentano la sua economia, sostengono il rublo e finanziano lo sforzo bellico in Ucraina e potrebbe decidere un blocco delle forniture proprio all'inizio della stagione invernale, o meglio ancora in piena estate, per impedire il riempimento degli stoccaggi, con l'obiettivo di creare una situazione di forte criticità degli approvvigionamenti energetici europei e ottenere una rottura del fronte europeo, istigata dai partiti politici più sensibili a Mosca.