Su 777 misure e attività previste dal Pnrr a oggi sono da avviare ben 552, mentre 122 sono state completate, 64 sono in corso, 22 a buon punto e 17 in ritardo. E se è vero che c’è tempo fino al 2026, è altrettanto vero che in questo trimestre, con verifica a fine giugno da parte di Bruxelles, su 58 interventi programmati solo 9 sono stati portati a termine, 17 sono a buon punto e altre 32 sono, però, tuttora in corso, a poche settimane dal termine. A tirare le prime somme dello stato di avanzamento (o non avanzamento) del Recovery Plan italiano è la piattaforma online Openpnrr (www.openpnrr.it) creata dalla Fondazione Openpolis con il Gran Sasso Science Institute dell’Aquila, presentata ieri alla Camera. Dunque, la strigliata di Mario Draghi ai leader della maggioranza e ai ministri sulla palude nella quale sono impantanate le riforme legate al Pnrr, rafforzata ieri dalla lettera alla presidente del Senato sulla velocizzazione del pacchetto concorrenza, trova fondamento negli impietosi numeri sui ritardi di avvio del Recovery Plan italiano. E, di conseguenza, sul rischio elevato di perdere una montagna di risorse. Basti pensare che ombre cupe si addensano, nelle previsioni di Openpnrr, specificamente sulla legge della concorrenza: si prevede il varo addirittura entro fine anno, compresi i decreti attuativi. Mentre per la riforma della giustizia, che procede a tappe in tutto il Pnrr, la percentuale di completamento della parte prevista al 30 giugno è al 26,67% nella valutazione di Openpolis, con un traguardo al 55%. Ma, tra i provvedimenti che vanno avanti con fatica, ci sono riforme chiave, a cominciare dalla legge delega per la revisione del codice degli appalti, l’entrata in vigore del decreto ministeriale per il programma nazionale di gestione dei rifiuti e la riforma della carriera degli insegnanti. Ma non procedono secondo ...
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