Venerdì 26 Aprile 2024

Mister Cagiva, gli anni Ottanta su due ruote

Addio a Gianfranco Castiglioni: con il fratello rilevò la Harley Davidson italiana creando un mito che ha segnato l’epoca della Milano da bere

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di Marco Galvani

Addio a Gianfranco Castiglioni, il signor Cagiva. L’imprenditore degli anni della Milano da bere. Dell’ottimismo, del rito del divertimento collettivo. Della curiosità e del fascino verso le nuove meraviglie della tecnologia. Gianfranco Castiglioni aveva 80 anni. Se n’è andato nella sua Varese, dove nel 1978, insieme al fratello Claudio, decide di entrare nel mondo delle corse con l’azienda di famiglia - la Cagiva, acronimo di Castiglioni Giovanni Varese, fondata dal padre nel 1950 come produttrice di minuteria metallica – rilevando la società AMF-Harley Davidson in liquidazione. L’inizio di una storia di impresa, di successi e di costume.

Le sue moto hanno onorato l’Italia sportiva vincendo due Parigi-Dakar, due mondiali di motocross e facendo sognare un titolo mondiale nella 500 con la rossa Varesina. Ma hanno anche regalato con modelli "pepati e modaioli" le emozioni più genuine della gioventù ai ragazzi della generazione degli anni Ottanta e Novanta. Quella delle immense compagnie, quella del motorino sempre in due.

Erano gli anni del Drive in su Italia Uno, dei paninari di piazza San Babila a Milano e degli zànari che a Bologna si ritrovavano in centro al bar Zanarini. Ma, soprattutto, era un tempo in cui si contavano i giorni per compiere 16 anni e avere la possibilità di mettersi in sella alle mitiche 125. Aprilia, Gilera e poi proprio la Cagiva con l’Aletta Rossa e quell’Aletta Oro che, soprattutto nella colorazione, ricordava la mitica Kawasaki GPZ 900 guidata da Tom Cruise in Top Gun. Quella che "chi l’ha detto che a 16 anni non si può avere il massimo?", la tentazione della pubblicità di allora. Quando i ragazzini si trovavano al muretto e in compagnia ci si sfidava esibendo il bolide "da gallo".

Chi sgasava con "l’emozione vincente" della Aprilia F1 Replica, chi si vantava della "razza vincente" della sua KTM 125 MX80, chi preferiva il "carattere agile, elegante e generoso" della Gilera TG1 o della Laverda Elegant. Modelli che diventavano stili di vita. Rispecchiati nelle tv a colori e nei giornali degli adolescenti infarciti di pubblicità

Tra i due fratelli Castiglioni, Claudio era più l’uomo marketing. Gianfranco era quello che pinzava il freno. La mente che stava più in disparte. Erano entrambi avanti. Già quando a metà anni Ottanta equipaggiavano le 125, per la prima volta, con un indicatore digitale conta marce. Per tenere testa alla concorrenza arrivano a scomodare pure Massimo Tamburini e sfornano la muscolosa Freccia C9 125, che nelle sue evoluzioni entra nella storia per essere la prima ottavo di litro con un cambio a 7 marce. Fino ad arrivare al termine della decade paninara con le Elefant per cercare di contrastare il dominio sul mercato delle varie Honda Africa Twin, Yamaha Super Ténéré 750 e Bmw GS: storiche le due vittorie alla Parigi-Dakar (1990 e 1994) con Edi Orioli sulla Elefant dalla leggendaria colorazione Lucky Explorer.

Il cerchio del successo si chiuse con la Mito 125 negli anni Novanta, prima senza carenatura e poi, finalmente, carenata.

Cagiva era diventato uno dei simboli di emancipazone giovanile. E un modello imprenditoriale cresciuto a tal punto da riuscire a rilanciare marchi storici come Ducati, Moto Morini, Husqvarna ed MV Agusta. Gianfranco Castiglioni ci provò anche con il basket, l’altra sua passione. Rilevò la Pallacanestro Varese nel Duemila dalla famiglia Bulgheroni, affrontò le difficoltà della retrocessione nel 2008 e la rinascita l’anno successivo con la promozione. A canestro rimase fino al 2010. Mettendoci dentro ogni sua risorsa intellettuale e morale. Oggi con la sua scomparsa finisce un’era. Spartana e illuminata.