MOLTE delle criticità legate all’inserimento delle nuove generazioni nella galassia occupazionale, pur con gradazioni e sfumaure diverse, sono comuni a tutte le nazioni, ma il tema in questione, per Belpaese, è particolarmente spinoso. E se a farlo presente è la costola italiana di uno dei maggiori player globali del mondo delle agenzie per il lavoro, quella Gi Group Italia che, in seno a Gi Group Holding, rappresenta uno dei principali attori nazionali di settore, il parere è di quelli particolarmente autorevoli. Del resto, come spiega Zoltan Danghero (nella foto a destra), managing director del braccio tricolore di un polo di selezione, formazione e consulenza da seimila dipendenti e ventimila clienti e presente in 29 Paesi, "a parlare sono prima di tutto i numeri". Sullo sfondo di un’Italia in cui la questione Neet (i giovani che non studiano, non si formano e non lavorano) assume i contorni del dramma (siamo fanalino di coda nell’Ue con una quota del 25%, contro il 21% dei greci, il 10% dei tedeschi e il 7% di Svezia e Paesi Bassi). E in cui il tasso di dispersione scolastica è tra i più elevati (il 13,1% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola nel 2020, contro il 9,9% della media europea).
Mentre sul fronte della disoccupazione giovanile (24,5%, meglio solo di Grecia e Spagna, contro il 5,7% della Germania) si continua a peggiorare (5mila unità in più solo tra febbraio e marzo di quest’anno). E, come se non bastasse, il mercato lavorativo continua a presentarsi poco sostenibile, poco equo sulle questioni di genere (meno di un’italiana su due lavora) e incapace di trovare lavoratori sufficienti a pareggiare le richieste delle aziende (Gi Group stima il 40% delle figure professionali "di difficile reperibilità", per un +4,7% il mese scorso rispetto a maggio 2021). Tutto questo mentre i nostri giovani, all’indomani dell’ok del Senato alla riforma che muterà gli Its in Its Academy, rafforzando la cabina di regia dell’istruzione tecnica e il suo legame con università e imprese, continua a snobbare un tipo di percorso che, in realtà, garantisce all’80% dei diplomati un posto di lavoro a un anno dal diploma (contro il 68% dei laureati triennali in economia e il 77% in ingegneria).
Del resto, commenta Danghero, "in Italia c’è innanzitutto un problema di competenze e di orientamento dei giovani", ma "le soluzioni esistono e vanno messe a sistema". A partire da "strumenti come ITSIFTS e Apprendistato di I livello, ancora troppo poco conosciuti e diffusi in Italia" e dalla persistenza di una "resistenza tipicamente ‘culturale’ alla costruzione di una collaborazione tra pubblico e privato, soprattutto in materia di politiche attive" alla quale "va messa la parola fine". Il percorso di Gi Group, in questo senso, è volto a "dare un contributo in entrambe le direzioni, lavorando a fianco delle scuole e dei professori sui temi dell’orientamento degli studenti e costruendo, nel nostro training hub fisico (nella foto a sinistra) e digitale, un catalogo formativo costruito sulla base delle esigenze del mercato che permetta ai giovani di acquisire le competenze più ricercate e di imparare un mestiere".
Nel solco, peraltro, di una riforma degli Its che "apporta alcune modifiche che crediamo vadano nella giusta direzione, come, in primis, la scelta di un nuovo nome – Istituti Tecnologici Superiori o ITS Academy – che può sembrare un aspetto superficiale ma contribuisce a fornire una nuova dignità alla materia". Bene, poi, anche "l’attivazione di un Fondo di finanziamento stabile per gli ITS, l’ampliamento a nuove aree tecnologiche e il rafforzamento del rapporto con i territori".
Lorenzo Pedrini
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