Giovedì 25 Aprile 2024

Una Maastricht dell’energia per ‘chiudere’ il gas russo

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NON SAPPIAMO come finirà la guerra in Ucraina, né quali saranno le sue conseguenze a lungo termine. Nel breve, però, una certezza c’è. Dopo un iniziale slancio collettivo, più passa il tempo più l’unità europea vacilla. Poiché in Europa vige la regola dell’unanimità, basta il veto di un singolo Stato tra i 27 membri per bloccare ogni cosa. Lo stiamo vedendo sulla delicata questione energetica – acquisti comuni, tetto al prezzo del gas, stop alle importazioni dalla Russia – su cui non si riesce ad andare avanti. Allora, è proprio su questo tema che è necessario cambiare marcia. O meglio, metodo decisionale, attraverso una Maastricht dell’energia fatta con chi ci vuole stare. Con un’unione energetica continentale l’Europa sarebbe più indipendente, più sicura, più efficiente. Invece, proprio nel corso del braccio di ferro con Mosca, ogni Paese continua ad andare per conto proprio, con interventi in ordine sparso e talvolta un po’ confusionari.

Il ritorno della pressione sui titoli pubblici di diversi Paesi, Italia in primis, conferma che l’Europa così com’è disegnata non va da nessuna parte. Con il principio dell’unanimità il convoglio delle decisioni europee viaggia alla velocità del vagone più lento. Eppure quando abbiamo lavorato uniti – sul Next Generation Eu, sulle misure straordinarie per attutire gli effetti della pandemia sull’economia, su sviluppo e vendita dei vaccini, sulle sanzioni contro la Russia, su alcune politiche specifiche come il Chips Act – i risultati sono stati eccellenti. Adesso ci sono due temi cruciali, che appartengono allo stesso campo da gioco. Il primo è il blocco dell’import di idrocarburi dalla Russia. Sullo stop al petrolio l’Ungheria di Orban si è messa di traverso e, da sola, ha prima rallentato e poi annacquato la decisione, visto che lo stop sarà solo per il greggio che arriva via mare e non per quello trasportato via terra. La questione resta dunque aperta. Se un giorno Italia, Francia e Germania dovessero arrivare a tale decisione, che sarebbe dolorosa per i loro cittadini, sarebbe giusto venisse bloccata per l’opposizione di un singolo paese più piccolo e poco rilevante? Il secondo tema è il corollario del primo. Spagna e Italia lavorano da mesi ad un programma di acquisti e stoccaggi comuni, discutendo anche di un eventuale tetto al prezzo del gas. Se su questo si aspetta l’unanimità, difficilmente si faranno passi avanti. E sarebbe esiziale di fronte al conflitto che si allunga e alla pressione di Mosca che aumenta. Allora, piuttosto che buttare alle ortiche 60 anni di integrazione, meglio studiare delle alternative.

È vero che l’Unione europea ha un peso economico simile a quello degli Stati Uniti, ma non ha lo stesso potere negoziale perché va in ordine sparso. In mancanza di una strategia condivisa da tutti, di fronte all’immobilismo, l’unica strada percorribile è prendere atto della realtà, cercando soluzioni diverse. A partire dall’energia. Negli ultimi 15 anni l’Europa ha agito su liberalizzazioni e privatizzazioni, senza mai armonizzare le regole. Se i singoli Stati sono squilibrati tra loro, invece le rinnovabili italiane, il carbone tedesco, il nucleare francese, formano a livello continentale un discreto mix, bilanciato e tecnologicamente integrato. La soluzione è metterli insieme, creando una Unione Energetica Europea con cui cedere sovranità e unire le forze. Se non ci vogliono stare tutti, si proceda con chi vuole. L’Europa in fondo è nata su un nucleo ristretto di paesi, con gli altri che si sono accodati quando hanno visto che funzionava. Adesso facciamo lo stesso. Chi non condivide gli obiettivi se ne chiami fuori.

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