Mercoledì 24 Aprile 2024

"Tutto è un palcoscenico" Giò Forma dribbla crisi

"Tutto è un palcoscenico" Giò Forma dribbla crisi

"Tutto è un palcoscenico" Giò Forma dribbla crisi

LA 66ª EDIZIONE dell’Eurovision Song Contest visto all’opera la settimana scorsa sul palco del Palaolimpico di Torino alcune delle più grandi aziende dello spettacolo italiano. Tra esse Giò Forma, lo studio interdisciplinare fondato da Cristiana Picco, Florian Boje e Claudio Santucci, che in 25 anni d’attività s’è fatto un nome nel campo dell’architettura e dell’entertainment design. Dal progetto dell’Albero della Vita per l’Expo 2015 ai concerti di Tiziano Ferro, al palco del Papa in occasione della visita pastorale a Monza. Segnando, in questi anni difficili, un trend in controtendenza. "Nonostante la pandemia abbia fatto precipitare nei nostri bilanci l’incidenza delle produzioni live dal 25% al 3%, il fatturato annuale di Giò Forma è passato dai 1.988.915 euro del 2019, ai 2.771.972 del 2021" spiega Santucci. "Questo grazie allo sviluppo delle varie attività di un settore in cui c’è sempre più interazione e multidisciplinarietà. Abbiamo trasferito, infatti, il nostro modo di agire e di pensare nel mondo dello spettacolo e del design in campi non proprio nostri come quello dell’architettura".

Il fermo del mondo dello spettacolo, insomma, vi ha fatto guardare verso nuove direzioni.

"Sì, la crisi s’è rivelata un’opportunità. Invece di metterci in una fase di attesa della ripresa, abbiamo scelto di ripensare il nostro lavoro provando a guardarlo pure da altre angolazioni. Qualche coincidenza e un po’ di fortuna ci hanno spinto verso l’architettura, con commissioni soprattutto dall’Arabia Saudita dove al momento ci sono grandissimi investimenti in questo campo".

Cosa cercano i sauditi?

"Sono interessati alla costruzione di edifici con un’alta capacità comunicativa. La Maraya Concert Hall di Al Ula, provincia desertica nel nord-ovest del paese a 325 chilometri da Medina, è, ad esempio, un edificio rivestito da 9.740 metri quadrati di specchi che gli consentono di mimetizzarsi col suggestivo paesaggio roccioso circostante. Abbiamo vinto la gara adattando a quella costruzione il nostro modo di fare storytelling nel mondo dello spettacolo che è, appunto, quello di dare un concept, una storia, un’emozione innanzitutto visiva. Tant’è che il nostro motto è diventato ‘everything is stage’, tutto è palco".

E ora?

"A Hegra stiamo lavorando alla creazione di un boutique hotel in cui il visitatore non va solo a dormire, ma a fare un’esperienza simile a quella di assistere all’Eurovision, ad un concerto o ad una mostra interattiva".

Pure sul versante live, però, questa è un’estate (finalmente) ricca d’impegni.

"Sì, ci occupiamo dello ‘stage design’ del palco di Vasco Rossi, in partenza il 20 maggio da Trento, e poi di quello di Cesare Cremonini, al via il 9 giugno da Lignano. Oltre al disegno del palco, con Cesare collaboriamo pure alla direzione creativa dello spettacolo. Il portale di luce disegnato sulle locandine, lascia già intuire l’idea dello storytelling che c’è dietro. Curiamo anche l’Unplugged European Tour dei Negramaro e, assieme a Lorenzo e a Sergio Papalettera, il Jova Beach Party". Fuori dal pop?

"In campo operistico, ‘La Gioconda’ alla Scala e ‘Il trovatore’ in Australia".

Quali sono i lasciti della pandemia?

"Tutto l’ampio comparto del live, che dai concerti si spinge fino alle presentazioni di prodotti commerciali, è sotto pressione. Il lavoro sta tornando, ma si trova a fare i conti con un settore a pezzi soprattutto a livello di personale, visto che più di una figura professionale su tre ha cambiato attività, e di costi".