Venerdì 26 Aprile 2024

Nonostante i 23 miliardi i poveri sono rimasti tali

Migration

SE 23 MILIARDI vi sembran pochi... Questa è la cifra, pari al 3% dell’intera spesa pubblica, con cui, in tre anni esatti di vita, il Reddito di Cittadinanza ha raggiunto 2,2 milioni di famiglie, cioè in totale 4,8 milioni di individui. Solo che, al di là dei numeri apparentemente positivi, la misura non ha allargato la base occupazionale (nonostante la fame di manodopera) né ridotto la povertà, che invece è aumentata. Viene quindi da chiedersi, specie in tempi di risorse scarse e coperta corta, cosa avremmo potuto fare per il bene del Paese se quei soldi fossero stati usati con più raziocinio. Dunque, il provvedimento bandiera dei 5stelle avrebbe dovuto “abolire la povertà”. Tuttavia, secondo l’Istat, sono salite a 5,6 milioni le persone in difficoltà assoluta in Italia (di cui 2,6 milioni costrette a chiedere aiuto per mangiare) con 500 mila poveri in più da quando è stato introdotto il RdC. Ovviamente qualche centinaio di euro in più può essere utile per arrivare a fine mese – l’importo medio mensile per il mese di marzo è pari a 548 euro per nucleo familiare, cioè molto meno per ogni singolo percettore – ma certo non cancella la condizione di difficoltà.

A conti fatti, insomma, chi era povero tale è rimasto. Anche perché è tutto da dimostrare che queste risorse siano finite nelle tasche giuste, e visti i continui casi di abusi o condotte fraudolente che la cronaca ci offre (solo nel 2021, oltre 160mila, una enormità), non c’è da scommetterci. E comunque, se consideriamo che in Italia ci sono 5,6 milioni di poveri ma i percettori di almeno una mensilità del Reddito (o della Pensione) di Cittadinanza sono circa 3,8 milioni, vuol dire che quasi due milioni sono rimasti fuori. E chissà che non siano proprio i più bisognosi. Ma il punto di fondo è che così com’è il RdC non ha in alcun modo aiutato l’economia, sostenuto i consumi e allargato la base occupazionale. Al momento della sua introduzione, infatti, i posti vacanti erano l’1,4% sul totale degli occupati. Oggi sono l’1,9%, pur con un tasso di disoccupazione all’8,3%. In percentuale, quindi le posizioni lavorative non coperte sono aumentate del 35%. Tradotto in numeri, significa che oggi ci sono circa 115 mila offerte di lavoro inevase in più rispetto a quando non c’era il Rdc. Insomma, una “politica attiva del lavoro” che ha ottenuto l’effetto opposto di quel che si prefiggeva. Perché sbagliata strutturalmente.

Per l’Inps il 70% di chi prendeva il sussidio tre anni fa lo riceveva ancora a fine 2021, segno che non c’è spinta occupazionale. Ora, è vero che non sono stati riformati i Centri per l’Impiego, ma su 100 soggetti beneficiari quelli “teoricamente occupabili” sono meno di 60, di cui 15 non sono mai stati occupati, 25 lo sono stati in passato, e meno di 20 sono ready to work, ovvero hanno una posizione contributiva recente. In maggioranza, chi percepisce il RdC difficilmente è occupabile. Si può discutere su una misura universale di sostegno al reddito, ma questa non può mai essere fatta passare come strumento per combattere la disoccupazione o per spingere l’economia. Bisogna invece chiamare le cose con il loro nome. Ora, per esempio, con l’inflazione all’8% che si mangia i risparmi degli italiani, l’erogazione una tantum magari di qualche centinaio di euro può far piacere, ma non cambia la situazione. Le fiammate dei prezzi necessitano di un diverso approccio: se ci sono risorse a disposizione queste devono andare, prioritariamente, all’economia reale. Ora, pensate cosa si sarebbe potuto fare usando i 23 miliardi del Reddito di Cittadinanza per stimolare crescita e produttività. E non mi dite che vi sembran pochi.

twitter @ecisnetto