Venerdì 26 Aprile 2024

"Classici e colonne sonore: così la musica ha resistito"

"Classici e colonne sonore: così la musica ha resistito"

"Classici e colonne sonore: così la musica ha resistito"

NEL MONDO della canzone il cognome Curci evoca una delle più antiche “dinasty” della musica italiana. Cinque generazioni di editori che da più di 160 anni operano su un vastissimo repertorio in cui trovano posto pure “Nel blu dipinto di blu” e “Vita spericolata”. Se le edizioni create da Francesco Curci sono del 1860, il ramo discografico dell’azienda, l’etichetta Carosello, è del 1959. A parlarne è Alfredo Gramitto Ricci, erede e amministratore della società.

Come ha impattato la pandemia un’impresa familiare come la sua?

"Avendo un gran rispetto di chi lavora con noi (non ‘per’ noi), pur patendo in alcuni settori un calo del 47-50% degli introiti non siamo ricorsi alla cassa integrazione. Questa scelta ha rafforzato l’azienda, spingendola a studiare forme alternative d’investimento come una maggior presenza, ad esempio, nel cinema".

Le colonne sonore?

"Ne abbiamo fatte tantissime, dai film di Pupi Avati a ‘Freaks out’ di Mainetti, da ‘Diabolik’ a ‘Belli ciao’ di Pio e Amedeo, ma anche ‘Effetto notte’ di Bellocchio, toccando generi molto diversi tra loro che ci hanno dato, però, la possibilità di avere un rientro, se non immediato, almeno a lungo termine. Questo grazie alle piattaforme, alla tv e, magari, alla distribuzione nelle sale una volta rimosse le restrizioni".

Ed ora?

"Avendo un catalogo italiano piuttosto vasto, la ripresa dei concerti ci consente di mettere nuovamente a bilancio delle entrate sicure".

Per curiosità, quanto incide sui vostri bilanci un tour di Vasco Rossi?

"Parecchio, in quest’ultimo giro di concerti sono stati venduti oltre 670mila biglietti, la media è circa 70 euro l’uno, la Siae incassa il 10% di diritti che vengono poi divisi tra autore ed editore, della trentina di canzoni in scaletta una decina sono nostre, facile quindi fare il conto dell’introito (ci proviamo noi, più di 800 mila euro - ndr). Tenuto conto che, oltre agli storici album di Vasco, abbiamo tutto il catalogo di Venditti, tutto quello Baglioni, metà di quello di Renga e (quasi) tutto quello di Tiziano Ferro, il live sui nostri bilanci pesa".

Pure nella musica registrata la resa dei “classici” è notevole.

"Il catalogo è riesploso, sia per quanto riguarda le vendite del digitale che del fisico. Ora bisogna vedere se, con la ripresa, questo trend continuerà o no. A mio avviso sì, perché la gente ha una gran voglia di musica live, ma pure registrata. Su disco la rivalutazione dei ‘classici’ ha sempre grande fascino rispetto alle cose nuove".

Eppure, grazie al digitale, non c’è mai stata tanta musica nuova come in questo momento.

"A differenza di quella di ieri, buona parte della musica di oggi non ha un gran futuro editoriale perché fa grandissimi streaming ma non è in grado di reggere la sfida del tempo e quindi di ‘fare catalogo’, di produrre introiti fra dieci, venti o trent’anni perché ancora suonata sui palchi o nei pianobar".

Pro e contro dell’impresa familiare rispetto alle multinazionali della musica.

"I pro sono la velocità d’esecuzione e la flessibilità. Tutte le decisioni arrivano dal mio ufficio, non dall’America o dall’Inghilterra, e questo velocizza di molto i processi. I contro, ovviamente, sono economici, perché per le grandissime operazioni la disponibilità di liquidi è ovviamente minore di quella di una multinazionale. E poi da noi spesso le decisioni sono prese con l’intuito e col cuore, non in base ad algoritmi".