Giovedì 25 Aprile 2024

Crisi Covid: imprese salvate da garanzie statali e moratorie sui debiti

Secondo l'Osservatorio sui conti pubblici, le due misure hanno attivato 452 miliardi di euro di prestiti alle aziende

Imprese

Imprese

La recessione innescata dal Covid, con una contrazione del Pil dell’8,9% nel 2020, avrebbe potuto essere ancora più drammatica se il governo non avesse adottato numerose misure di sostegno all’economia. Tra gli strumenti più efficaci che hanno impedito all’Italia di sprofondare ce ne sono due: il Fondo di Garanzia per le Pmi e Garanzia Italia di Sace, entrambi prorogati, seppure con alcune modifiche, fino al 30 giugno di quest’anno dalla Legge di Bilancio.

L’obiettivo di Palazzo Chigi era quello di evitare una stretta creditizia da parte delle banche. Senza i prestiti degli istituti, infatti, le aziende non avrebbero avuto la liquidità necessaria a far fronte ai loro impegni. Il rischio era che la crisi si allargasse a macchia d’olio, coinvolgendo altre imprese, magari sane. Insomma, il pericolo era quello di una serie di fallimenti a catena che avrebbe provocato un danno irreparabile al tessuto produttivo. Attraverso i due fondi, il governo è riuscito a contenere le perdite e a concedere ossigeno alle aziende più in affanno. Grazie alle due misure, dal 17 marzo 2020 al 31 dicembre del 2021 sono state attivate 4,4 milioni di operazioni per un importo totale di 452 miliardi di euro. A raccogliere i dati è stato l’Osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica. Secondo i ricercatori, le istanze di fallimento delle aziende si sono ridotte, passando da 5.380 unità nei primi sei mesi del 2019 a 4.700 nello stesso periodo del 2021. Inoltre, “alla fine del secondo trimestre 2021, circa il 62 per cento delle imprese italiane avevano utilizzato le moratorie o le garanzie pubbliche sui prestiti concessi”. Insomma, i risultati sono stati ottimi e hanno contribuito, almeno in parte, al rimbalzo del 2021. Le due misure - una rivolta alle piccole e medie imprese, l’altra a quelle di grandi dimensioni - sono state varate all’inizio della pandemia, con i decreti Cura Italia del 17 marzo e Liquidità dell’8 aprile 2020.

Nello specifico, il fondo di Garanzia Pmi è stato rafforzato e prevede una garanzia (sia diretta che indiretta) di 5mila euro e la copertura dell’80% per finanziamenti superiori ai 30mila euro. Il fondo gestito da Sace (società controllata dal Mef), invece, è stato introdotto per assistere le imprese medio-grandi offrendo garanzie con durata massima di 8 anni e con tassi di copertura tra il 70 e il 90%. Le commissioni variano dallo 0,25 al 3,5% dell’ammontare del prestito.

Un altro importante strumento che ha consentito alle micro imprese e alle pmi di superare la crisi innescata dal Covid, è stata la moratoria di varie scadenze debitorie, varata con il decreto Cura Italia e rimasta in vigore fino al 31 dicembre 2021. “Per effetto di queste misure” si legge nell’analisi dei ricercatori dell’Ocp, e per la “politica monetaria ultra-accomodante della Bce, il costo del credito verso le società non finanziarie è diminuito, mentre il volume dei crediti concessi è aumentato, a differenza di quanto osservato in precedenti recessioni”. Infatti, soltanto nel 2020 i prestiti fatti alle aziende sono aumentati di 37 miliardi rispetto al 2019. L’anno scorso, invece, l’ammontare dei crediti è rimasto su livelli pre-crisi. Inoltre, “a dicembre 2021, sui 151 miliardi concessi tramite il Fondo di Garanzia PMI, appena lo 0,5% è stato classificato come deteriorato”. Nel 2020, sono aumentati soprattutto i prestiti a lungo e medio termine, rispettivamente +24% e +10%, mentre sono calati quelli a breve (-14%). Ma dove è finita tutta questa liquidità? Soprattutto nei depositi bancari delle imprese, che sono passati da 302 miliardi di euro nel 2019 a 428 miliardi nel 2021. L’incremento, scrivono i ricercatori dell’Ocp, è stato dovuto a “esigenze precauzionali” generate dall’incertezza “sui flussi di cassa futuri”. Ha pesato inoltre, la necessità “di fare fronte a spese non posticipabili a fronte di una riduzione dei ricavi e di un aumento dei ritardi negli incassi dei crediti commerciali”.