Venerdì 26 Aprile 2024

Immigrazione e stipendi: quasi uno straniero su due è a rischio povertà

Secondo il rapporto per il 2022 della Fondazione Moressa, più della mancanza di occupazione a pesare sono le basse retribuzioni e la mancanza di rendite

Continuano a peggiorare gli indicatori sulla povertà. A essere spinti ai margini sono soprattutto gli stranieri. A oggi sono circa 13 milioni gli italiani a rischio povertà o di esclusione sociale, contro i 2,2 milioni di stranieri, a fronte però di una popolazione molto più piccola. Si tratta di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, o a rischio di povertà, o in condizioni di grave deprivazione materiale. Sono questi i dati salienti contenuti nel “Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione (edizione 2022)” della Fondazione Leone Moressa.

Stranieri: quasi uno su due è a rischio povertà

Basandosi su dati Eurostat, la Fondazione rileva che fra gli italiani è a rischio di povertà e di esclusione sociale il 22,6% della popolazione sopra i 18 anni, mentre fra gli stranieri la quota sale al 44,4%. Del resto, il divario fra autoctoni e stranieri è accentuato anche a livello europeo: il rischio di povertà per gli stranieri nella Ue è in media del 40,4%, contro il 19,5% degli autoctoni. Eppure, per chi arriva in Italia dall’estero, ciò che rende difficile vivere in modo dignitoso non è la mancanza di lavoro, quanto le mansioni svolte, che comportano spesso retribuzioni più basse. Si tratta dei cosiddetti working poors, in altre parole. Ovvero di coloro che, pur lavorando, faticano ad arrivare alla fine del mese. Gli immigrati infatti, in Italia avevano nel 2019 un tasso di occupazione del 61,1% (popolazione fra 15 e 64 anni). Un tasso più alto, dunque, rispetto a quello degli italiani, che era del 58,8 per cento.

L'effetto lockdown

Da allora, però, la situazione è peggiorata. Gli effetti dei lockdown hanno certamente riguardato tutti i lavoratori, ma hanno colpito in modo particolarmente pesante gli immigrati. Con la pandemia, infatti, nel 2020 sono stati persi 176mila posti di lavoro di cittadini stranieri, recuperati solo in parte nel 2021 (i posti ripristinati fra gli immigrati sono stati 53mila). Nel 2021, i lavoratori stranieri in Italia si sono attestati a 2,25 milioni, circa il 10% degli occupati totali, con un tasso di occupazione pari al 57,8%, inferiore rispetto al tasso di occupazione degli italiani (che era del 58,3% nel 2021 ed è poi aumentato al 60,2%, a settembre 2022, secondo gli ultimi dati Istat). Se si guarda solo alla platea dei lavoratori, il rischio di povertà in Europa, secondo Eurostat, è del 7,9% per gli autoctoni e del 20,8% per gli stranieri.

Il salvagente immobili

A tutelare i cittadini italiani ed europei è il possesso di rendite o di beni immobili. Protezioni che, molto spesso, gli stranieri non hanno. In Italia, ad esempio, è proprietario dell’abitazione principale l’80% dei cittadini (la media Ue è del 74,3%), mentre i proprietari di casa immigrati sono il 18,4%, il valore più basso in Europa (la media è del 28,4%). Anche i redditi dichiarati da italiani e stranieri rivelano una notevole disparità: 22mila euro annui di media pro capite per gli italiani e 12.758 euro per gli stranieri, che versano in media 2.585 euro annui di Irpef. Infine, il valore aggiunto prodotto dagli immigrati ammonta a quasi 144 miliardi, pari al 9% del totale nazionale. I settori che si basano maggiormente sull’apporto di manodopera straniere sono l’agricoltura (17,9%), la ristorazione (16,9%) e l’edilizia (16,3%).