Venerdì 26 Aprile 2024

Così iniziò la lenta discesa del Paese. Ma allora almeno eravamo più felici

Trentasei anni fa i socialisti di Craxi avevano il vento in poppa e le tv berlusconiane trasmettevano leggerezza. Però apparivano già le avvisaglie dei grandi cambiamenti in arrivo: il crollo della Prima Repubblica e la crisi

Yuppies negli anni '80

Yuppies negli anni '80

Nel 1986, l’anno che tanto somiglia a questo 2022, eravamo ancora felici, ma un po’ meno di prima. Certo eravamo ancora nei favolosi anni Ottanta, e ancora si respiravano il riflusso, la Milano da bere, la gioia di vivere e di uscir di casa dopo i maledetti anni di piombo; le Brigate rosse stavano per andare in pensione. Certo si stava bene. Ma un po’ meno di prima.

L’Italia della ripresa, quella "nave che va" proclamata da Craxi, c’era ancora, e c’erano più che mai le tv di Berlusconi con la loro freschezza, la loro leggerezza, il Drive In di Antonio Ricci con Greggio, D’Angelo, Faletti, Beruschi. Ridevamo. Ma un po’ meno di prima. Meno del 1985, quando sembrava che l’economia e perfino la finanza ci stessero facendo tornare agli anni del boom. Meno del 1984 e del 1983, e non parliamo del 1982, quando la vittoria al Mondiale spagnolo ci aveva fatto dimenticare di colpo i cieli grigi degli anni Settanta. Il 1986 non è più l’anno degli azzurri, è l’anno della "mano de Dios".

Bettino Craxi, l’uomo forte che tutto sommato agli italiani piace sempre, è ancora in sella. Ma un po’ meno. Dopo mille giorni di governo gli tolgono la fiducia. Ciriaco De Mita, il segretario della Dc, gli soffia sul collo, spalleggiato da un inedito e insospettabile alleato, "La Repubblica" di Scalfari, che lo definisce "la testa più lucida della politica italiana", e immaginate il commento di Montanelli.

I socialisti sono ancora forti: forse troppo. Quando ci si convince di essere invincibili, si comincia a fare qualche errore. Si ascoltano, fra i consiglieri, solo quelli che ti danno sempre ragione. Non si vede – o si finge di non vedere – il marcio che comincia a salirti attorno: l’arroganza, gli arricchimenti personali. A Milano, che è ancora la capitale del Psi, qualcuno comincia a pensare che si sta esagerando.

Nel 1986, l’anno che tanto somiglia a questo che stiamo vivendo, cominciamo a preoccuparci anche per la nostra salute, così come adesso, anche se per motivi diversi. Il 17 marzo scoppia lo scandalo del vino al metanolo. Lo facevano con acqua, vernice rossa e alcol metilico. Veleno. In ventitré ci lasciano le penne. Ci va di mezzo un commerciante che si chiama Odore e che non c’entra nulla, solo un grossista, ma ancora oggi quando si parla di un vino che fa schifo si dice Odore. Con il senno di poi, lo scandalo si rivela una fortuna. Cominciano controlli come Dio comanda e l’Italia diventa un’eccellenza mondiale del vino, una potenzialità che avevamo trascurato. E poi c’è Cernobyl. Ci scopriamo d’un tratto così vulnerabili. Abbiamo l’incubo della nube tossica su tutta Europa e andiamo in farmacia a chiedere lo stronzio, una roba che qualcuno in televisione ha detto che protegge dalle radiazioni.

E poi siamo ancora, come sempre, l’Italia dei misteri: il 18 marzo Michele Sindona viene condannato all’ergastolo; due giorni dopo lo trovano morto in cella a Voghera. Omicidio o suicidio? Chissà. Dicono che gli ha fatto male un caffè. In autunno, poi, crollano le Borse di tutto il mondo, e cominciamo a sentirci più poveri.

C’erano, in quel 1986, le avvisaglie di grandi cambiamenti in arrivo. In febbraio Silvio Berlusconi compra il Milan: gli servirà per vincere le elezioni. Stava crollando la prima Repubblica, ma non ce ne accorgemmo. Tre anni dopo, 1989, sarebbe crollato perfino il Muro di Berlino, ma anche di questo non provammo sentore. E così è sempre la storia: procede per strappi che ci colgono di sorpresa, così come di sorpresa ci coglieranno i cambiamenti che sicuramente ci attendono, ma che ancora ci appaiono avvolti nell’ombra, misteriosi.