Così Apple favoriva le sue App. L’Antitrust avvia un’istruttoria per “posizione dominante”

L’azienda di Cupertino nel mirino: avrebbe usato metodologie dissuasive per il consenso degli utenti e svantaggiato i concorrenti, adottando per loro una politica sulla privacy più restrittiva rispetto alla propria

L’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti del colosso tech Apple per posizione dominante sull’universo delle app. Stando alle dichiarazioni dell’Autorità garante della concorrenza in Italia, da aprile 2021 la società di Cupertino ha adottato una politica sulla privacy per i soli sviluppatori terzi più restrittiva rispetto a quella che la Apple applica a sé stessa. L’azienda è dunque accusata di presunto abuso di posizione dominante nel mercato, dove verrebbero penalizzate tutte le app non iOS. Ecco cosa sta succedendo.

Uno store Apple
Uno store Apple

Apple sotto indagine: perché

“Accertare l'esistenza di un presunto abuso di posizione dominante nel mercato delle piattaforme per la distribuzione online di app per utenti del sistema operativo iOS". Questa è la motivazione che ha spinto l'Antitrust ad avviare un'istruttoria nei confronti del colosso Apple, Apple Distribution International e Apple Italia. "Apple ha adottato una politica sulla privacy, per i soli sviluppatori terzi di app, più restrittiva rispetto a quella che la società applica a sé stessa. Il diverso trattamento si basa principalmente sulle caratteristiche del prompt che appare agli utenti per acquisire il consenso al tracciamento dei propri dati di navigazione sul web e sugli strumenti adottati per misurare l'efficacia delle campagne pubblicitarie", spiega l'Antitrust.

Un prompt “dissuasivo”

Secondo le ricostruzioni, la Mela utilizzerebbe un prompt - ossia il simbolo nell’interfaccia che compare all’utente per segnalare il possibile comando successivo, in questo caso l’accettazione - basato su un diverso trattamento per acquisire il consenso al tracciamento dei dati degli utenti mentre utilizzano le app. Sembrerebbe, infatti, che la Apple imponga soltanto agli sviluppatori concorrenti l’utilizzo di un prompt di richiesta del consenso specifico, dove si spinge l’utente verso l’”accettazione” e meno alla “negazione” del consenso. Per l’Antritrust, Apple "impone soltanto ai concorrenti l'utilizzo di un prompt di richiesta del consenso in posizione di maggior risalto rispetto a quello dell'opzione per negare il consenso e utilizza una formulazione linguistica dissuasiva del tracciamento". Inoltre, sviluppatori e inserzionisti terzi "appaiono svantaggiati in termini di qualità e di dettaglio dei dati messi a disposizione da Apple e relativi all'efficacia delle campagne pubblicitarie sulle loro applicazioni. Ciò accade per le caratteristiche tecniche dell'interfaccia di programmazione cui possono accedere - SkadNetwork - che appare molto meno efficace rispetto ad Apple Ads Attribution, lo strumento che Apple adotta per sé stessa", prosegue l'Agcm.

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La condotta discriminatoria di Apple

Tale politica crea una forte discrepanza sulla raccolta dati. Sia la profilazione degli utenti che la misurazione dell’efficacia delle campagne pubblicitarie, evidenza l’Autorità, sono elementi essenziali per l’appetibilità degli spazi pubblicitari che gli sviluppatori di app vendono agli inserzionisti. Per questa ragione, "la presunta condotta discriminatoria di Apple può causare un calo dei proventi della pubblicità degli inserzionisti terzi, a vantaggio della propria divisione commerciale; ridurre l'ingresso e/o impedire la permanenza dei concorrenti nel mercato dello sviluppo e della distribuzione di app; avvantaggiare le proprie app e, di conseguenza, gli apparati mobili e il sistema operativo iOS Apple". Per l'Antitrust, questa presunta riduzione di concorrenza nei mercati delle app e il conseguente rafforzamento dell'eco-sistema digitale di Apple "potrebbero ridurre gli incentivi a sviluppare app innovative e ostacolare il passaggio degli utenti verso eco-sistemi digitali concorrenti".

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