Venerdì 26 Aprile 2024

Branduardi: "La Fiera dell’Est non mi ha stancato. Ma ho conosciuto il male oscuro"

Lato B di un 45 giri, decollò dopo 8 mesi: "Un canto religioso quando andava di moda la canzone politica". Il cantautore e la depressione: "È stata una cosa molto seria, non sapevo se ne sarei uscito"

Angelo Branduardi

Angelo Branduardi

Lo ha imparato più di quarant’anni fa: "Se una canzone la cantano i bambini, allora è destinata a entrare nel cuore della gente". Lo ha scoperto con Alla fiera dell’Est, il suo brano di gran lunga più conosciuto, ma l’ha sperimentato anche di recente, dopo aver testato sul palco dei concerti Piccolo David, brano che avrebbe dovuto uscire per Pasqua. Avrebbe, perché la guerra in Ucraina ha convinto Angelo Branduardi a cambiare programmi. "Ho suonato Piccolo David a Pineto e mi hanno raccontato che, la mattina dopo, i bambini in spiaggia già la cantavano. D’altronde ha una musica molto gioiosa che male si sposa con la terribile situazione di queste settimane. Purtroppo non è il momento di gridare Alleluia!", commenta amaro.

Branduardi, 72 anni, cinquanta dei quali vissuti da menestrello di fama internazionale, ha da poco superato uno dei suoi momenti più difficili ("Ho conoscito il Sole Oscuro"), ha ripreso in mano il violino per una serie di date con la band o in formazione a due e si prepara a tornare a suonare a Londra, primo musicista al mondo a farlo dentro la National Gallery. Non ha un album in cantiere, ma al suo pubblico ha regalato un’autobiografia, Confessioni di un malandrino, scritta con ironia e ispirata al titolo della sua "prima vera canzone" (definizione sua), omaggio al suo amore per le poesie di Sergej Esenin. "Ne ero così ossessionato da credere di assomigliargli fisicamente".

Con la guerra in corso, la cultura russa ha rischiato di finire al bando. "Assurdo. Cosa c’entra la grande cultura russa, cosa c’entrano Dostoevsky e Majakovskij con gli orrori di questo conflitto?".

In un’altra invasione, quella di Praga del 1968, lei venne arrestato. "Non mi sono impressionato più di tanto. Forse perché molto giovane, mi sembrava di vivere un’avventura. Molto triste, certo. Perché a Praga, dopo la repressione della Primavera, c’erano i morti. Più numerosi di quanto ci raccontavano. Nulla di paragonabile a quanto avviene oggi in Ucraina, ma parliamo comunque di un atto di violenza. Sono stato in prigione una settimana. Trattato bene, però".

Si è detto felice di non aver mai più avuto contatti con la politica. Non era una posizione scomoda per un artista degli anni Settanta? "Molto scomoda. E anche provocatoria. Non a caso Alla fiera dell’Est, una volta uscito, ha impiegato otto mesi a decollare. Nel momento in cui andava di moda la canzone politica, di stampo marxista, io uscivo con una canzone a sfondo religioso. Molto più profonda di quello che può sembrare. Nel tempo sarebbe stata studiata da decine di rabbini. Ma appena nata suonava come una provocazione culturale e commerciale. Alla parola topolino tutti si mettevano a ridere. A partire dai discografici".

Incredibilmente non era il lato A ma quello B del 45 giri. "Per me e il mio produttore, David Zard, non era il pezzo su cui puntare. Il titolo così esotico è affascinante e infatti l’abbiamo usato per l’album. Oggi comunque quella canzone non mi appartiene più: è diventata patrimonio popolare".

Suonarla in tutti i concerti la stanca? "Mai. Come nessuno dei brani più conosciuti. Sul palco, all’inizio, al pubblico dico sempre: nulla vi verrà risparmiato".

Il momento più difficile? "Mi sento compreso e rivalutato da poco. Ho sempre fatto tutto per istinto e per il mio piacere. A volte si è sincronici col pubblico, a volte no. A volte vedi cosa c’è dietro il portone chiuso, vedi un giardino magico e ci entri. Ma poi tornare indietro è problematico. Ho avuto un periodo oscuro, i fan mi hanno perdonato anche gli errori".

Ha scritto: tutto si perdona fuorché il successo. "Dicevo del giardino magico. C’è chi non è più riuscito a tornare indietro. Succede agli artisti, che hanno il dono e la condanna dell’ipersensibilità. C’è chi si ritrova dipendente dall’alcol, chi dalla droga. Io mi sono misurato con la depressione. Molto seria. Non sapevo se ne sarei uscito".

Dietro alle sue canzoni un sodalizio artistico e sentimentale, quello con sua moglie Luisa. Mai litigato a forza di lavorare insieme? "Come tutti i matrimoni, il nostro ha avuto momenti alti e altri meno. È normale. Io e Luisa dividiamo il lato affettivo da quello, diciamo, professionale. Lavoriamo separati. Io presento un’idea musicale e lei inizia a lavorarci sopra".

I testi hanno un’impronta molto femminile. "Questo anche a causa del mio carattere. Ho un lato femminile molto forte. Vado d’accordo più con le donne che con gli uomini. Credo che dovrebbero avere più spazio. E potere, anche. Hanno una marcia in più e vivono più di noi. Charles Darwin l’avrebbe trovato molto interessante".

Cosa fa quando non scrive musica? "Quasi nulla. Un tempo mi dedicavo alla barca a vela, ma il lago non mi piace. In questi due anni non sono riuscito neppure ad ascoltare la mia musica preferita. Pensavo fosse un problema mio, invece ho scoperto che è comune a molti artisti. Il rifiuto della creatività".

È vero che il suo disco dedicato alle laudi di San Francesco le ha offerto l’occasione della sua prima e unica confessione con un religioso? "Sì, a Palermo, in un monastero, grazie a padre Paolo Fiasconaro, un grandissimo francescano, viaggiatore del mondo. È stata una chiacchierata, su temi anche mondani, come dovrebbe essere ogni confessione. Sempre che si abbia tre ore di tempo da dedicarle, come successo a me. Una forma psicoanalitica molto elevata. Ho parlato dei dubbi, una chiacchierata ironica e spontanea. Un ricordo indimenticabile".

Anni fa ho chiesto a Ritchie Blackmore, la chitarra dei Deep Purple, chi fosse il musicista italiano che stimava di più. La risposta? Angelo Branduardi. "Blackmore ha inciso anche dischi di musica medievale, per lui sono un riferimento. È un bel complimento. Come lo è quello di Arvo Pärt, per me il più grande musicista contemporaneo, che ha voluto cantare La pulce d’acqua con un coro. Un onore".

Bob Dylan l’ha invitata a cena, ma lei ha detto no. "L’artista è un conto, la persona un altro. Io per esempio sono molto inquieto, e ho bisogno di quiete. Non mi interessa conoscere Dylan, ma immaginare com’è ascoltando la sua musica. Guai a rischiare di rimanere deluso".