Mercoledì 24 Aprile 2024

È ufficiale: c’è un legame fra smog e Covid "La Pianura Padana come una stanza chiusa"

Lo studio della Società di medicina ambientale: l’inquinamento è stato un’autostrada per la diffusione del contagio. A Bergamo, già a fine febbraio pezzi di patrimonio genetico del Coronavirus erano mescolati alle polveri sottili

di Guido Bandera

Che passeggiate nel centro di Milano, sotto il cielo grigio dell’inverno, o fra le nebbie dei paesaggi immensi sugli argini del Po, non fatevi illusioni: è come se foste chiusi in una stanza, con il soffitto di qualche decina di metri. Nel bacino padano respirano tutti la stessa aria, ferma e inquinata, che "per il Coronavirus è come un’autostrada aperta". Dopo mesi di ipotesi, arriva la certezza del legame fra lo smog e i primi focolai Covid lombardo-veneto-emiliani.

Lo spiega Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), che annuncia l’uscita sul prestigioso British Medical Journal del report da 7 mesi sotto esame da parte della comunità scientifica mondiale. Un lavoro prodotto insieme ai ricercatori delle università di Bologna, Trieste e Bari. "A marzo ci siamo sentiti in dovere di avvertire i decisori politici, nel pieno dell’emergenza Covid, che la distanza di sicurezza di 2 metri (ridotta a 1 metro per gli ambienti indoor dal Cts governativo) non era sufficiente e che era necessario obbligare all’uso della mascherina tutti i cittadini in ogni luogo aperto", premette Miani. "Abbiamo ottenuto la prova definitiva dell’interazione tra particolato atmosferico e virus quando siamo riusciti a isolare tracce di Rna in campioni provenienti dai filtri di raccolta delle polveri sottili prelevati nella provincia di Bergamo durante l’ultima serie di picchi di sforamento avvenuta a fine febbraio, quando le curve di contagio hanno avuto un’improvvisa accelerata", aggiunge Leonardo Setti, docente di Biochimica industriale a Bologna. Tradotto: nell’aria di Bergamo, a febbraio, c’erano già pezzi del patrimonio genetico del Sars-Cov2 mescolato al Pm10. Altro che distanziamento. "Durante l’inverno – dice Gianluigi De Gennaro, professore di Chimica dell’ambiente a Bari – la Pianura Padana è assimilabile a un ambiente indoor con il soffitto di qualche decina di metri, dove in presenza di una grande circolazione virale le condizioni di stabilità atmosferica, il tasso di umidità e la scarsa ventilazione hanno di fatto aperto al Coronavirus delle vere e proprie autostrade".

Per capirlo basta guardare i numeri di località con valori eccessivi di micro-polveri, in relazione alla densità di abitanti, di attività e di spostamenti. "Nel periodo di massima incubazione del virus, dal 9 al 29 febbraio, su un totale di 41 province del Nord Italia, ben 39 si collocavano nella categoria di massima frequenza di sforamenti", calcola Prisco Piscitelli, epidemiologo e vicepresidente Sima.

Concreto, dunque, il rischio di ricaderci, perché a breve le brezze di settembre lasceranno il posto alle brume e ai primi picchi di Pm10, anche con l’accensione delle caldaie. E le regioni del bacino padano sono in bilico, ancora, fra la tutela dell’esigenza di un’economia in crisi e quella della salute. In Lombardia, ad esempio, si rinvia a gennaio il blocco dei diesel Euro 4, più inquinanti, previsto già a ottobre. Ma si punta a ridurre il traffico, in caso di picchi di smog, con il telelavoro, ora a tutti gli effetti un’arma della politica ambientale.