Sabato 27 Aprile 2024

Zelensky contro il Cav La stoccata davanti alla premier "Berlusconi? Mai vista la guerra"

Il viaggio di Giorgia Meloni a Kiev. La commozione tra le macerie, lo choc per le foto delle stragi. Poi la conferenza con il presidente ucraino. "L’Italia non tentenna, è al vostro fianco". Resta il nodo armi

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di Antonella Coppari

"Si vede che Berlusconi non è mai stato sotto i bombardamenti, non gli è mai entrato un carro armato in casa, né gli hanno mai ammazzato un parente". Il commento di Zelensky alle ben note ’affermazioni putiniane’ del Cavaliere è pesante. Le frecciate però sono destinate solo al leader forzista, nemmeno lambiscono Giorgia Meloni che sta al suo fianco in conferenza stampa a Kiev. L’intesa, anzi, è perfetta. La premier del resto non lascia spazio alle ambiguità berlusconiane. "L’Italia non intende tentennare e non lo farà". Dopo una giornata passata tra gli orrori della guerra (ha visitato Irpin e Bucha), e il colloquio con il presidente ucraino, si lancia in un ardito gemellaggio: "L’Ucraina mi ricorda il Risorgimento italiano. Anche voi state dimostrando di essere una nazione e per questo avete già vinto". A differenza dell’alleato azzurro non attribuisce responsabilità a Kiev nella crisi, indica invece l’ospite come l’unico che, con il suo programma in dieci punti, sta cercando una soluzione che possa portare alla pace. Ma "la sola pace duratura e giusta - scandisce Giorgia – non può essere una resa dell’Ucraina, e si consegue ribadendo che la comunità internazionale non accetta l’invasione di Stati sovrani". Insomma, la fine delle ostilità può arrivare solo "la vittoria di Kiev".

E perché sia ben chiaro pure a Berlusconi e Salvini che non esiste possibilità di un minore impegno italiano, sottolinea: "Per me contano solo i fatti: qualsiasi cosa il Parlamento è stato chiamato a votare a sostegno dell’Ucraina i partiti che fanno parte della maggioranza l’hanno votata". E così continuerà "perché c’è un programma chiaramente schierato". In un solo passaggio la premier appare, per un attimo, imbarazzata, e non è certo per lo sgambetto tentato da Putin che ha ricordato l’aiuto russo durante la pandemia ("il mondo è cambiato"); l’argomento spinoso è l’invio dei caccia. A Roma la questione è incandescente: in mattinata, il ministro degli esteri, Antonio Tajani, aveva escluso l’ipotesi, Edmondo Cirielli, il suo vice, appariva di tutt’altro avviso. Meloni è definitiva: "L’invio dei caccia non è sul tavolo".

Anche se aggiunge, smentendo sin nelle virgole il Cavaliere, "quando un paese è aggredito non esistono armi offensive, sono tutte difensive". Ma un prezzo agli alleati e all’opinione pubblica italiana sempre più tiepida sui sostegni all’Ucraina deve pagarlo e il prezzo, per ora, sono gli aerei da combattimento. Cerca di salvarla dal momento di difficoltà Zelensky, che magnifica l’importanza dei sistemi di difesa antiaerea che l’Italia fornirà. "Sono fondamentali, tecnologicamente avanzati, serviranno a salvare molte vite".

Mancano i caccia, ma sul tavolo c’è un capitolo lucroso e importante: la ricostruzione. Entrambi ammettono che se ne è parlato, non è la prima volta che l’argomento viene affrontato ma stavolta, segnala Meloni, c’è una differenza. Per ricostruire non bisogna aspettare la fine della guerra, bisogna partire subito. "Proporremmo una conferenza in aprile: è una scommessa e il modo migliore per dimostrare fiducia nella vittoria ucraina". Rilancia Zelensky su Telegram quando tutto è finito: "Con Giorgia abbiamo discusso del ruolo italiano nell’iniziativa di pace, ma anche di difesa, di sanzioni a Mosca, di ricostruzione". Nel complesso l’escursione a Kiev era per la premier un passaggio importante, reso tanto più delicato dall’uscita di Berlusconi. Ne esce come voleva: con l’immagine di una leader più filo-ucraina di Biden e più atlantista di Stolterberg. E Silvio? A caldo sbotta con i suoi: "Sono sbigottito non è affatto vero che non ho mai conosciuto la guerra. Per questo lavoro per la pace".