Giovedì 25 Aprile 2024

Zangrillo: "Ora curo il Genoa, in politica mai. Fare terrorismo sul Covid è fashion"

Medico, docente e da poco presidente di una società di calcio. "La vita è uno straordinario luna park". L’amicizia con Berlusconi e la lotta al virus: "Basta panico, stiamo creando una generazione di fobici"

Alberto Zangrillo, 63 anni, con la figlia Federica il giorno della sua laurea

Alberto Zangrillo, 63 anni, con la figlia Federica il giorno della sua laurea

Non sa cantare, dice, e campare da scrittore non sarebbe stato facile. Soffocare sotto il camice l’afflato espressivo, però, è impossibile per il professor Alberto Zangrillo. Così come rinunciare alle sfide. "La vita è uno straordinario luna park": la weltanshauung del nuovo presidente del Genoa è manifesta. "Io in politica? Sarei bravo, ma non sono tentato – chiarisce –. E a Silvio servo di più come medico". La vis polemica, comunque, non gli manca. Nell’era del Covid, dalla trincea della terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano ha dichiarato "guerra agli idioti". Alcuni commentatori puntano il dito contro la "sovraesposizione degli esperti". Lei cosa ne pensa? "Io sono un medico intensivista, ho il diritto di raccontare quello che osservo. Anche perché la narrazione mediatica crea il panico e danneggia la salute mentale delle persone. Così si crea una generazione di fobici". Omicron non deve spaventarci? "Bisogna essere razionali. L’autorità sanitaria sudafricana ha parlato di “variante particolarmente contagiosa”; ebbene, anche il raffreddore lo è. Non voglio minimizzare, ma occorre misurare le parole: stiamo uccidendo la socialità, la gente è frastornata". Secondo l’ex premier Monti, «siamo in guerra, servirebbe una comunicazione meno democratica". "Queste evocazioni di scenari bellici sono fuori luogo e surreali. Certamente non mancano le suggestioni e i condizionamenti, ma chi realmente vive sul campo, combatte le malattie, le inefficienze del sistema ed è in guerra solo contro gli idioti”. Mantiene questa posizione dall’inizio della pandemia. L’ha pagata? "Certamente, in termini di segnalazioni all’Ordine dei medici, insulti e minacce di morte quotidiane che puntualmente la mia segretaria cancella. Fa parte del gioco. È più fashion dire che moriremo tutti. Ma non sono un autolesionista che vuole fare il diverso, mi limito a raccontare quello che vedo ogni giorno. Durante la terza ondata, ad esempio, abbiamo ricoverato pazienti positivi al Covid provenienti da altri ospedali nella stessa terapia intensiva che ospitava persone con patologie diverse, e non si è infettato nessuno. Eppure, in tv continuiamo a vedere le corsie piene di marziani che parlano con la voce distorta, palombari con caschi e tripla maschera come se dovessero toccare l’amianto. Medici che, solo a vederli, terrorizzano i malati". Freddo col camice addosso, passionale con la sciarpa rossoblù al collo. Quando nasce il suo amore per il calcio? "Attenzione: io ho un grande interesse per il calcio, ma nutro amore solo per il Genoa. Sono sempre andato allo stadio, fin da bambino. Ed ero già un medico affermato quando nel ’92 seguivo il Genoa di Bagnoli che sfidava le grandi d’Europa. Tornavo dalla Liguria all’una di notte, potevo percorrere la Milano-Genova bendato. Se la squadra perde, sono di cattivo umore per giorni. Una passione che ho trasmesso al mio primogenito". Quali stimoli l’hanno indotta ad accettare l’incarico di presidente del Genoa? "A Genova devo qualcosa. E poi si tratta di un’opportunità unica. Da tifoso che soffre per la squadra, mi sono ritrovato a rappresentarla con la consapevolezza di poter far bene". I n famiglia cosa ne pensano? "Prima di accettare ne ho discusso a casa. Ho trovato una reazione anticorpale blanda perché hanno capito che il mio entusiasmo avrebbe prevalso. E anche i miei collaboratori sono incuriositi e affascinati. È un insegnamento a non accontentarsi mai: la vita è uno straordinario luna park". Che contributo pensa di dare? "Nel mio lavoro ho sempre cercato di studiare, capire e non risparmiarmi: ingredienti per arrivare al successo. Inoltre, vivendo a Milano ho una prospettiva diversa: Genova è bella ma addormentata. Fare il bene del Genoa è una leva per modernizzare la città in una prospettiva di internazionalizzazione". Come sono stati i primi giorni da massimo dirigente? "Li ho vissuti dormendo poco, cercando di entrare in sintonia con l’ambiente con umiltà, il modo migliore per farsi ascoltare. L’autorevolezza la guadagni lavorando e sacrificandoti, poi è necessario ascoltare e capire". Suggerirà la formazione come piaceva fare a Berlusconi, uno dei suoi pazienti illustri? "No, non andrò oltre le mie deleghe". Il Cavaliere le avrà dato qualche consiglio. "Il nostro rapporto è molto preciso: io non do consigli politici a lui e lui non mi dà suggerimenti calcistici, anche perché per me sarebbe impossibile applicarli". Le dà fastidio essere definito «il medico personale di Berlusconi»? "No, a meno che non venga detto in modo riduttivo per strumentalizzare. Ma vorrei fosse chiaro che non sono il medico dei vip, al San Raffaele curiamo tutti". Come sta Berlusconi? "Sta recuperando da un periodo molto difficile. Ad ogni modo, è molto più giovane di tanti che possono esibire la prova anagrafica. È un uomo di visione da cui apprendere semplicemente con l’osservazione". È accaduto anche a lei? "Sì, ho imparato moltissimo da lui, anche il modo di comunicare. Ha molto chiaro il valore della visibilità, un aspetto che valuto con molta attenzione perché il rischio di diventare ridicolo è alto". Che tipo di legame c’è tra voi? "Una grande amicizia. Lui sa di potersi fidare di me. La mia scelta di non fare politica rende il nostro rapporto più sano". Non l’ha mai sfiorata la tentazione di scendere in campo? "Mai, mi piace di più fare il presidente del Genoa. Battute a parte, sarebbe inconciliabile con il mio lavoro". Neanche Berlusconi ha mai provato a tentarla? "Silvio è la persona più intelligente con cui abbia mai avuto a che fare, sa bene che io gli servo molto di più come medico". Un’idea politica, tuttavia, emerge chiaramente dalle sue prese di posizione. "Sono un iper-liberale. Detesto ogni forma di controllo del pensiero, per me la democrazia è la libertà delle idee". Cosa fa nel tempo libero? "Dormo. Tutti dovremmo fare esercizio fisico e a me piace correre, perché mentre corro penso, però in questo momento non ho tempo". È stimato a livello nazionale e internazionale, è il presidente della squadra per cui fa il tifo. Ha raggiunto l’apice della sua carriera? "Posso dire di aver raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero proposto, ringrazio il buon Dio tutte le mattine". È credente? "Sì, credo fermamente. Avendo la consapevolezza della straordinaria unicità di ogni essere vivente, solo uno stolto potrebbe pensare che noi tutti siamo il prodotto di un bang". Se non fosse diventato un medico, che lavoro le sarebbe piaciuto? "Sono sempre stato affascinato dalla figura di don Bosco, e adoro i giovani. Credo che sarei stato un educatore. In fondo, seppure in un contesto particolare, è quello che faccio".