Martedì 30 Aprile 2024

Vigilia di Natale, perché l'astinenza dalla carne è una bufala

Resta un'usanza culinaria quella di servire a tavola il pesce, ma non vige più nessun precetto canonico a supporto di questa tradizione ai fornelli. La svolta nella Chiesa con papa Paolo VI nel 1966

Una tavola con carne e pesce

Una tavola con carne e pesce

Roma, 23 dicembre 2018 - Vigilia di Natale ai fornelli. Regione che vai, ricetta che trovi, con una costante insindacabile a Palermo come a Trieste: a tavola si va di magro, niente carne, solo pesce o formaggio. Un diktat della tradizione culinaria italiana, che poggia su antichi precetti cattolici, ma che oggi non trova conforto in alcuna disposizione canonica vigente.

Il menù della vigilia di Natale, cena a base di pesce (e non solo)

L'astinenza dalle carni, pietanze in passato alla portata delle sole famiglie benestanti, si spiegava con la necessità di rispettare la nascita di Gesú. Da qui il no ad arrosti e bolliti come ogni venerdí della settimana che, nel suo piccolo, rievoca la passione di Cristo. Nel Medioevo il calendario cattolico prevedeva oltre 150 giorni di digiuno e magro. È in questa fase storica che si è affermata  la contrapposizione tra carne e pesce diffusa anche oggi.

Digiuno e astinenza dalle carni alla vigilia di Natale erano sanciti ancora nel Codice di diritto canonico del 1917. Il giorno di magro doveva essere osservato da chi aveva sette anni in su e perdurava dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva. A superare la restrizione ci ha pensato papa Paolo VI, con la costituzione apostolica 'Paenitemini', risalente al 1966, ripresa poi dal Codice di diritto canonico del 1983. Montini ribadì la regola del digiuno (per i fedeli dai 18 ai 60 anni) e dell'astinenza nei giorni del mercoledì delle Ceneri e del Venerdì Santo, limitando l’astinenza dalla carne al venerdì della settimana.  Vincolati all'obbligo del solo pesce sono i fedeli con 14 anni compiuti. La costituzione ha concesso tuttavia alle conferenze episcopali nazionali di sostituire l'astensione dalle carni con altre forme di penitenza. Come hanno fatto, per esempio, i vescovi italiani in relazione ai venerdí dell'anno, fatto salvo il tempo di Quaresima.

Apparentemente in contraddizione, in verità digiuno e astensione si conciliano, sempre che si chiarisca il senso del primo precetto. Da non leggersi come divieto assoluto di mangiare, ma quale obbligo di fare un solo pasto al giorno