"Una grande speranza anti Covid in arrivo dalla Germania? Certo c’è molta attesa per il vaccino CureVac, finanziato dall’Europa e basato su tecnologie avanzatissime. Ma non è il solo. Aspettiamo novità importanti dal Novavax americano, dal Medicago canadese, perfino dal Soberana 1 e 2 cubano. È una corsa che impegna il meglio della ricerca in tutto il mondo: adesso c’è penuria di vaccini, a fine anno li troveremo al supermercato". Apre uno spiraglio di luce Guido Forni, 77 anni a luglio, immunologo e caposcuola all’Università di Torino, componente del comitato di vigilanza Aifa e accademico dei Lincei. Il suo curriculum è un garanzia.
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La guerra alla pandemia si muove a 360 gradi, tra sviluppi tradizionali e metodi da fantascienza. CureVac sarà la prima new entry?
"È in corso la fase tre, ai primi di giugno dovremmo essere a dama. La commissione Ue ha puntato forte preordinando 450 milioni di dosi: i presupposti sono ottimi. Il gruppo di Tubinga ha stretto accordi con il colosso Bayer e c’è lo zampino di Elon Musk con Tesla. Non ci saranno sorprese negative".
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Come funziona?
"È progettato con l’Rna messaggero come trasportatore all’interno dell’organismo della proteina Spike, utile a stimolare la risposta immunitaria. È lo stesso procedimento, aggiornato e migliorato, usato da Pfizer e Moderna. Consente di evitare la tecnica del vettore virale su cui si basano i preparati AstraZeneca e Johnson & Johnson, oltreché il nostro Reithera ancora in fase di sviluppo".
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Quali sono i vantaggi?
"La produzione, una volta arrivato il via libera dell’Ema, sarà superveloce. Il vaccino si adatterà bene alle varianti. E non avrà bisogno di una particolare catena del freddo: basta un normale frigo, le fiale si conservano a 5 gradi come il latte e il succo d’arancia".
Al confronto il vaccino italiano Reithera è già invecchiato prima di nascere?
"Non è così. Lo Stato ha messo sul piatto 80 milioni per questo preparato, che si affida all’adenovirus di gorilla. Ha fatto bene. Non risolverà da solo i problemi, però aver investito sulla tecnologia è fondamentale. Gli scienziati italiani sono bravissimi, ma se non si fa ricerca d’élite sul campo si resta indietro: così invece siamo in gara anche noi e con un prodotto tutto nostro".
La concorrenza straniera è così straordinariamente potente?
"Girano cifre iperboliche, la ricerca è febbrile, leggiamo cose inimmaginabili solo un anno fa. È la ruota delle meraviglie. L’azienda canadese Medicago sta ultimando un vaccino di origine vegetale. Il principio è: inserire il gene della proteina Spike nelle piante di tabacco, per poi estrarla dalle foglie e purificarla. Ma essenziale al progetto è l’adiuvante immunologico GlaxoSmithKline, che arriva dall’équipe di Rino Rappuoli a Siena. Lo stesso adiuvante utilizzato nel vaccino cinese Clover".
Gli italiani sono in prima linea?
"Sono eccellenze. Fabrizio Chiodo, immunologo siciliano del Cnr a Napoli, fa parte del team ad altissimo livello che all’Avana sperimenta i vaccini Soberana, basati su un pezzetto della proteina Spike. Probabilmente noi non li useremo. Però tutti i prodotti biotech cubani vengono dati gratis ai Paesi in via di sviluppo. Una mossa determinante per battere la pandemia".
Questione di giustizia sociale?
"Non è solo questo. Dal Covid si esce tutti insieme, non è una sfida a chi arriva primo. Puoi trovare il vaccino miracoloso. Ma che serve se un attimo dopo ti trovi davanti la variante venuta dal Terzo mondo?".