Mercoledì 24 Aprile 2024

Uno scudetto e quanto dura la felicità

Che cosa chiede il nostro cuore

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Il Milan ha vinto lo scudetto e domenica sera i suoi tifosi sono impazziti di gioia, com’è giusto che sia. Una felicità resa ancora più grande dal fatto che erano undici anni che lo scudetto mancava. L’anno scorso aveva vinto l’Inter, e anche l’Inter erano undici anni che non vinceva il campionato, e quindi la domenica della matematica certezza anche i suoi tifosi erano impazziti di gioia. Due anni fa aveva vinto la Juventus, ma nelle strade e nelle piazze non s’era visto granché, perché era il nono anno consecutivo che i bianconeri vincevano lo scudetto, e ci si abitua anche alla felicità.

Ieri, lunedì, i milanisti avevano un gran sorriso stampato, così come ce l’avevano gli interisti il lunedì dell’anno scorso: ma non s’andava più in giro a strombazzare. Oggi il sorriso sarà solo accennato, così come fu solo accennato, il martedì post scudetto 2021, quello degli interisti. Il mercoledì poi si comincia a pensare al calciomercato, e ai pensieri e alle preoccupazioni della vita.

Nel 2000 – quando Lazio e Juventus si contendevano lo scudetto – parlavo ogni giorno con un noto critico letterario, laziale sfegatato, e ci si era accordati che, in caso di vittoria, saremmo andati a pranzo. La Lazio vinse lo scudetto all’ultima giornata, un’incredibile ultima giornata in cui la partita della Juve finì un’ora più tardi, e all’Olimpico i tifosi biancocelesti erano rimasti ad ascoltare la radio. Dunque andammo poi a pranzo, con questo critico letterario super-laziale. Era contento, sì. Ma un certo punto mi disse: "Per tutto l’anno ho sognato e sofferto pensando a questo scudetto. Domenica ero allo stadio e quando abbiamo saputo che la Juve aveva perso ero trasfigurato dalla gioia. Poi sono cominciati i festeggiamenti, E io lì a guardare e a esultare. Poi, dopo un’ora, a festa ancora in corso, mi sono chiesto: tutto qui?".

Perché così è la felicità. Mi raccontò un giorno Vittorio Feltri – un uomo che purtroppo non frequento più, ma al quale debbo gratitudine – che il giorno in cui diventò direttore del Giornale entrò nell’ufficio che era stato di Montanelli. Un sogno che si realizzava. Ma pochi minuti dopo pensò: tutto qui?

Così è la felicità. Inseguiamo tante cose che pensiamo ce la possano dare. E poi, quando queste cose le otteniamo, sperimentiamo che non bastano. Sperimentiamo che abbiamo sempre bisogno di qualcosa di più grande, di qualcosa che poi non passa.