Mercoledì 24 Aprile 2024

Un presidente a termine non ci serve

Pierfrancesco

De Robertis

La disponibilità a un mandato accorciato non dalla Costituzione ma dal Padreterno che le numerose candidature e autocandidature di ultraoctuagenari lasciano sottindendere si configurano però come una scorciatoia che aggiunge precarietà a una politica italiana tristemente precaria di suo. Ma è di precarietà trasferita ai massimi vertici istituzionali che il Paese ha bisogno?

Il problema di questa elezione 2022 è che nessuno dei due blocchi ha la forza di vincere contando ognuno circa 450 grandi elettori (una cinquantina in meno del necessario), senza considerare che i partiti controllano poco i propri gruppi. In qualche modo ne usciremo, perché ne siamo sempre usciti, ma non tutti i modi sono neutri.

Alcuni sono utili al Paese, alla difficile fase che stiamo vivendo, altri molto meno. Il peggiore è, appunto un mandato a tempo, contrario non tanto allo spirito della Costituzione quanto alla Politica. E’ una misura eccezionale, che per questo non può diventare l’abitudine. Il secondo è lo scontro frontale dei due quasi-blocchi, che viste le impotenze reciproche trasformerebbe in una corrida prima il parlamento poi il resto delle istituzioni.

Il modo migliore, forse l’unico, è quindi un grande accordo che identifichi una personalità di garanzia per tutti, e quella strada persegua. Chiunque sia. Non un’elezione a maggioranza, ma un’elezione della maggioranza che conseguentemente conferisca all’eletto (o alla eletta) un preciso mandato di unità. Ultimamente purtroppo non è accaduto così. Non lo ha fatto la sinistra che quando ha potuto ha piazzato al Quirinale uomini suoi (Napolitano, Mattarella), non lo ha fatto il centrodestra che inaugurò nel 1994 l’infausta pratica di assegnare le più alte cariche dello Stato (Camera e Senato) a chi vinceva le elezioni. Forse il Quirinale 2022 e la debolezza della politica con la quale ci arriviamo potrebbero essere l’occasione per riscoprire un principio una volta mai messo in discussione: le istituzioni non sono dei partiti ma di tutti i cittadini. E loro chiedono unità.