Mercoledì 24 Aprile 2024

Dino Zoff: "Un errore baciare Bearzot nell’82. Non mi ha fatto gol neanche il Covid"

Il portiere campione del mondo: il ct strameritava quel gesto d’affetto, ma tra friulani non si usa. "Gli 80 anni si fanno sentire, ma non mi lamento. Da piccolo sognavo di suonare il corno inglese"

Una parata spettacolare di Dino Zoff

Una parata spettacolare di Dino Zoff

"Non potrei più parare sulla linea il colpo di testa del brasiliano Oscar in quella partita del Mundial del 1982. E nemmeno saltare la staccionata della pubblicità. I miei 80 anni li sento! Ma tutto sommato non mi lamento". Una vita da Dino Zoff. Grande italiano, ammirato dalla gente per doti che non sempre finiscono in copertina: classe, eleganza, discrezione, compostezza. "Sono friulano e me ne vanto – sospira l’ex portiere –. Amo la concretezza, detesto l’apparenza. Pensi che mi sono perfino pentito di aver baciato Bearzot in diretta tv appena battuto il Brasile di Zico e Falcao…"

Perché pentito?

"Il ct strameritava quella testimonianza di affetto, ma tra friulani non si usa!".

Beh, con quella impresa Mundial avete simbolicamente archiviato gli orrendi Anni di Piombo…

"L’hanno raccontata così, dopo. Di sicuro fu un irripetibile momento di gioia individuale e di popolo".

Nostalgia?

"No, anche se mi mancano umanamente Bearzot, Pablito Rossi, Scirea che era come un fratello. Ma la vita va avanti ed è giusto così. I miei primi quarant’anni finirono lì, con quella Coppa alzata a Madrid".

Dietro cosa c’era?

"L’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza. Le strade bianche, le case spartane. E i primi sogni".

Cosa sognava Zoff bambino?

"Volevo suonare nella banda del paese".

Sul serio?

"Avevo un debole per il corno inglese. Mi piaceva, ci tenevo ad imparare. Ma poi…"

Poi?

"Stavo meglio in porta. Solo che non ero sicuro di farcela, a pallone in oratorio ci giocavano tutti. Dunque, mi ero tenuto una carta di riserva".

Cosa nascondeva nella manica?

"Una passione totale per i motori. Pensavo che sarei stato un ottimo operaio meccanico. Vuol sapere una cosa?"

Anche due.

"Oggi come allora, quando giro per strada io riconosco un otto cilindri al volo. Capisco benissimo se un autista o un motociclista tira una marcia nel modo giusto oppure no".

Enzo Jannacci cantava: ‘perché ci vuole orecchio’.

"Ah, a me piaceva Adriano Celentano. Diventò famoso quando io ormai iniziavo a giocare sul serio a pallone".

Dal corno inglese al ragazzo della Via Gluck.

"Ma di musica non sono mai stato un intenditore. So tutto della Cadillac e poco dei Beatles. Fermo restando che preferivo i Rolling Stones".

Come mai?

"Una volta qualcuno mi ha detto: ‘Ma Dino, uno pacato come te deve stare coi Fab Four di Liverpool’. Invece ero schierato con le pietre rotolanti, con Mick Jagger e Keith Richards".

Qui non si finisce mai di imparare.

"A proposito di imparare, adesso mi sto applicando all’auto elettrica".

Ma lì addio rumore dell’otto o del dodici cilindri!

"Infatti sono vagamente perplesso. Per carità, condivido la preoccupazione per lo stato del pianeta e quindi capisco la svolta. Però uno arriva ad ottant’anni con il mito della Ferrari e insomma, fatica un poco ad adattarsi".

A proposito di Enzo Ferrari: è vero che per lei è stato sempre un punto di riferimento?

"Credo lo sia stato per tantissimi italiani. Lo incontrai negli Anni Settanta, quando vestivo la maglia della Juventus. Fu una emozione".

Che ricordo ne ha?

"Il Drake faceva parlare i numeri, le cose concrete. Non era friulano d’origine, ma nello spirito sì. Posso aggiungere una cosa?"

Sentiamo.

"Quando giocavo nel Mantova, prima di essere ceduto al Napoli, passavo spesso da Guidizzolo, dove nel 1957 ci fu il famoso incidente che mise fine alla leggenda della Mille Miglia. Per me era come un pellegrinaggio".

Anche Zoff è una leggenda.

"Eh, a volte per ridere dico che ho fatto tutto nei miei primi quarant’anni e poi mi sono barcamenato…"

Via, Dino, non è vero: allenatore, presidente, commissario tecnico della Nazionale seconda all’Europeo del 2000…

"Sì, è stata una esistenza piena e di rimpianti brutti non ne ho".

Berlusconi si è mai scusato per averla costretta a lasciare la panchina degli azzurri dopo l’euro finale persa in extremis contro i francesi?

"Mica doveva scusarsi. Dopo, non ci siamo mai visti o sentiti. Io resto fiero di aver dato le dimissioni in quel momento".

Magari Pertini si sarebbe scusato.

"Pertini si scusò per l’errore a scopone con Causio e Bearzot sull’aereo, amico mio. E comunque mai buttarla in politica".

Dino, come è andata con la pandemia?

"Due anni sotto assedio, ma non mi ha fatto gol neanche il Covid…"