"Non potrei più parare sulla linea il colpo di testa del brasiliano Oscar in quella partita del Mundial del 1982. E nemmeno saltare la staccionata della pubblicità. I miei 80 anni li sento! Ma tutto sommato non mi lamento". Una vita da Dino Zoff. Grande italiano, ammirato dalla gente per doti che non sempre finiscono in copertina: classe, eleganza, discrezione, compostezza. "Sono friulano e me ne vanto – sospira l’ex portiere –. Amo la concretezza, detesto l’apparenza. Pensi che mi sono perfino pentito di aver baciato Bearzot in diretta tv appena battuto il Brasile di Zico e Falcao…" Perché pentito? "Il ct strameritava quella testimonianza di affetto, ma tra friulani non si usa!". Beh, con quella impresa Mundial avete simbolicamente archiviato gli orrendi Anni di Piombo… "L’hanno raccontata così, dopo. Di sicuro fu un irripetibile momento di gioia individuale e di popolo". Nostalgia? "No, anche se mi mancano umanamente Bearzot, Pablito Rossi, Scirea che era come un fratello. Ma la vita va avanti ed è giusto così. I miei primi quarant’anni finirono lì, con quella Coppa alzata a Madrid". Dietro cosa c’era? "L’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza. Le strade bianche, le case spartane. E i primi sogni". Cosa sognava Zoff bambino? "Volevo suonare nella banda del paese". Sul serio? "Avevo un debole per il corno inglese. Mi piaceva, ci tenevo ad imparare. Ma poi…" Poi? "Stavo meglio in porta. Solo che non ero sicuro di farcela, a pallone in oratorio ci giocavano tutti. Dunque, mi ero tenuto una carta di riserva". Cosa nascondeva nella manica? "Una passione totale per i motori. Pensavo che sarei stato un ottimo operaio meccanico. Vuol sapere una cosa?" Anche due. "Oggi come allora, quando giro per strada io riconosco un otto cilindri al volo. Capisco benissimo se un autista o un motociclista tira una marcia nel ...
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