Mercoledì 24 Aprile 2024

Uccisa con i farmaci Il marito resta in cella I giudici: "Organizzò il delitto perfetto"

Respinta la richiesta di domiciliari per il medico: "Può colpire ancora". E per il tribunale era a rischio l’ex amante che lo aveva lasciato. La svolta alle indagini dopo l’autopsia chiesta dalla sorella della vittima. .

di Federica Orlandi

BOLOGNA

Un "delitto perfetto" rovinato solo dalle insistenze della cognata, che impedendo la cremazione del corpo della defunta sorella e anzi chiedendone un’autopsia ha fatto sfumare le speranze del cognato di farla franca. Ma Giampaolo Amato, medico di 64 anni arrestato dai carabinieri l’8 aprile scorso con l’accusa di avere ucciso la moglie Isabella Linsalata il 31 ottobre 2021, per i giudici del tribunale del Riesame che un mese fa rigettarono l’istanza di scarcerazione presentata dai suoi avvocati potrebbe uccidere ancora. E proprio la cognata che ha fatto crollare il suo progetto criminoso, oltre che l’ex amante per cui avrebbe deciso di uccidere la moglie, ma che poi l’ha lasciato, potrebbero essere le sue prossime vittime.

È dunque il rischio di reiterazione del reato l’elemento determinante che ha fatto propendere i giudici per la decisione di lasciare Amato in carcere, nonostante le richieste dei suoi difensori, gli avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna. I quali hanno rilevato come "il provvedimento di sospensione dal ruolo di dirigente medico ospedaliero dell’Ausl di Bologna, che gli precluderebbe la disponibilità di farmaci tossici", il "tempo trascorso dai fatti" (un anno e mezzo) e il "comportamento corretto" durante gli interrogatori affiancato a un "contegno di vita irreprensibile" fossero elementi favorevoli a una sua scarcerazione. I giudici del Riesame però non sono stati d’accordo.

Per il collegio infatti Amato, "capace di coltivare un’idea omicidiaria e tenerla a lungo ferma" in attesa di riconquistare la fiducia della moglie dopo che questa, assieme alla sorella, nel 2019 aveva scoperto da alcune analisi che le venivano somministrate di nascosto benzodiazepine, presumibilmente celate nelle tisane e nel vino che il marito le offriva, "non si è fermato" e ha lasciato emergere la propria personalità "pervicacemente e freddamente criminale". Così, le sue "straordinarie capacità manipolatorie e ideative di complessi piani criminosi" potrebbero condurlo ad altri modi per perpetrare "condotte lesive", che nemmeno gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico sarebbero sufficienti a impedire.

Amato, oculista e medico dello sport molto noto a Bologna, è appunto accusato di avere ucciso la moglie somministrandole Midazolam, una benzodiazepina, e sevoflurano, un anestetico da sala operatoria, che avrebbe sottratto da uno degli ospedali in cui lavorava. È indagato pure per la morte della suocera, avvenuta in circostanze pressoché identiche a quelle della figlia appena 22 giorni prima di lei, nell’appartamento comunicante con quello della coppia.

Il movente sarebbe stato duplice, sentimentale ed economico, volendo l’indagato vivere con agio la relazione extraconiugale che da anni portava avanti con un’altra donna. E, stabilisce il collegio, la rinuncia all’eredità in favore dei figli firmata da Amato poco dopo il decesso della moglie non sarebbe un elemento a suo favore. Anzi: si sarebbe trattato di un gesto tutt’altro che "spontaneo e disinteressato", bensì dettato dalla "necessità di allontanare da sé qualsiasi sospetto" dopo che l’autopsia sul corpo della moglie aveva portato all’arenarsi del suo piano.

Per questi motivi, i giudici hanno deciso che, almeno per ora, il medico resta in carcere.