Venerdì 26 Aprile 2024

Trattativa Stato-mafia, il boss Graviano intercettato: "Berlusca mi chiese cortesia"

Ascoltate le conversazioni con un altro detenuto per quasi un anno. "Le stragi del '93 non di Cosa Nostra". E ancora: "Nel 41 bis ho messo incinta mia moglie". Ghedini: "Nessun contatto con il Cav e Graviano, infamie"

Giuseppe Graviano (Ansa, archivio)

Giuseppe Graviano (Ansa, archivio)

Palermo, 9 giugno 2017 - Il boss palermitano Giuseppe Graviano è indagato per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. Intercettato per quasi un anno dai pm di Palermo, mentre parla a ruota libera anche della trattativa, Graviano viene interrogato dai magistrati a marzo e gli viene contestato il reato di minaccia a Corpo politico dello Stato in concorso con altri boss, per cui già è in corso un processo. 

La corposa attività di intercettazione (due ore al giorno) nel carcere di Ascoli Piceno è iniziata a febbraio 2016 ed è proseguita fino ad aprile 2017. Potrebbero giungere nuovi elementi sulle stragi in Sicilia e nel Continente del 1992 e del 1993. Migliaia le pagine, con molti omissis: i pm Vittorio Teresi e Nino Di Matteo hanno chiesto alla corte la perizia di trascrizione di una trentina di conversazioni tra Giuseppe Graviano e Umberto Adinolfi.

Non è tutto. Di Matteo ha anche chiesto di procedere a dei confronti tra Cirino Pomicino e, rispettivamente, l'ex ministro Vincenzo Scotti e l'ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, "in relazione, in particolare, alle vicende e alle discussioni intervenute sulla formazione del governo che si insediò il 28 giugno, quello in cui Mancino ricopriva la carica di ministro dell'Interno". Istanza anche per l'audizione del collaboratore di giustizia Ciro Vara, "soggetto centrale in quel periodo, soprattutto tra il '94 e il '96", e per il pm potrebbe dare indicazioni utili "in riferimento ai rapporti con Bernardo Provenzano a Mezzojuso, nonché sulla strategia stragista del '92 e '93 e sui rapporti intrattenuti da Cosa nostra in quel periodo con personaggi della politica, riguardo anche a quello che veniva indicato - ha proseguito Di Matteo - come il palermitano nell'entourage di Berlusconi in funzione di accordi e promesse fatte". Prossima udienza il 23 giugno.

LE INTERCETTAZIONI -"Berlusca mi ha chiesto questa cortesia... per questo c'è stata l'urgenza. Lui voleva scendere... però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". Sono stralci di una conversazione tra il boss e un co-detenuto con cui il capomafia trascorreva l'ora d'aria. Sono 32 le conversazioni con Umberto Adinolfi registrate dalle microspie, ritenute rilevanti dalla procura. Le intercettazioni sono state contestate a Graviano nel corso di un interrogatorio che si è svolto il 28 marzo scorso. Sempre parlando dei suoi presunti rapporti con Berlusconi Graviano aggiunge, alludendo all'intenzione dell'imprenditore di entrare in politica già nel '92: "Lui voleva scendere però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". Frase che i pm interpretano come la necessità di un gesto forte in grado di sovvertire l'ordine del Paese. 

"Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta... alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso ... e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente". Il boss, secondo i pm, inveisce contro Berlusconi. "Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi arrestano e tu cominci a pugnalarmi", aggiunge sfogandosi con un altro detenuto.

"Ha fatto il traditore"

"Berlusconi quando ha iniziato negli anni '70 ha iniziato con i piedi giusti, mettiamoci la fortuna che si è ritrovato ad essere quello che è. Quando lui si è ritrovato un partito così nel '94 si è ubriacato e ha detto 'Non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato'. Pigliò le distanze e ha fatto il traditore", sono ancora le parole del boss.

"Al Signor Crasto (cornuto, ndr) gli faccio fare la mala vecchiaia", dice ancora Graviano sempre alludendo, secondo i pm, a Berlusconi colpevole di averlo abbandonato. "Sa che io non parlo - aggiunge - perché sa il mio carattere e sa le mie capacità ...pezzo di crasto che non sei altro, ma vagli a dire com'è che sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste".

LA REPLICA DI GHEDINI - Dalle intercettazioni di Graviano "vengono enucleate poche parole decontestualizzate che si riferirebbero asseritamente a Berlusconi. Tale interpretazione è destituita di ogni fondamento non avendo mai avuto alcun contatto il Presidente Berlusconi né diretto né indiretto con il signor Graviano". Lo afferma in una nota l'avvocato Niccolò Ghedini senatore di FI. "È doveroso osservare come ogni qual volta il presidente Berlusconi sia particolarmente impegnato in momenti delicati della vita politica italiana e ancor più quando si sia nella imminenza di scadenze elettorali - aggiunge Ghedini -, si vota domenica in oltre 1000 comuni, appaiano nei suoi confronti notizie infamanti che a distanza di tempo si rivelano puntualmente infondate ed inesistenti ma nel frattempo raggiungono lo scopo voluto".

"HO MESSO INCINTA MIA MOGLIE NEL 41 BIS" - Nelle conversazioni intercettate Graviano racconta a un altro carcerato di aver messo incinta la moglie durante la detenzione nel 41bis, il regime di carcere duro per i mafiosi. "Dormivamo nella cella assieme", dice Graviano. "Mio figlio è nato nel '97 - spiega - ed io nel '96 ero in mano loro, i gom (gli agenti di polizia penitenziaria ndr)". "Ti debbo fare una confidenza - prosegue il boss - prima di nascere il bambino, prima di incontrarmi con mia moglie, siccome una cosa del genere mi era successa in altre occasioni pure, io ho detto 'no ci devo provare'". Il racconto prosegue: "Io sapevo che doveva venire la situazione, io tremavo... e dormivamo nella cella assieme. Cose da pazzi, tremavo". "Quando è uscita incinta - conclude - mi è finito quel tremolizzo, l'ansia che avevo".

LE STRAGI - "Poi nel '93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Allora il governo ha deciso di allentare il 41 bis, poi è la situazione che hanno levato pure i 450", continua Graviano alludendo alla decisione, presa nel novembre del '93, di revocare il carcere duro per 450 mafiosi. Le parole dimostrerebbero, secondo i pm, che tra le condizioni messe da Cosa Nostra alle istituzioni per fare cessare le stragi c'era un allentamento del carcere duro. Graviano ricorda il suo periodo al 41 bis a Pianosa: "Pure che stavi morendo dovevi uscire e c'era un cordone, tu dovevi passare nel mezzo e correre. Loro buttavano acqua e sapone". "Andavano alleggerendo del tutto il 41 bis ...se non succedeva più niente, non ti toccavano, nel '93 le cose migliorarono tutto di un colpo", aggiunge.

"Quella notte si sono spaventati, temevano il colpo di Stato e lui se n'è andato subito a palazzo Chigi assieme ai suoi vertici (lui è l'allora premier Ciampi, ndr). Loro non volevano nemmeno resistere, avevano deciso già di non resistere al colpo di Stato", dice ancora Graviano, riferendosi alla reazione dell'allora premier Ciampi, dopo le bombe di Milano nel luglio del '93.

"Ciancimino non mi è mai piaciuto. Dietro di lui c'era Licio Gelli"

"Vito Ciancimino era di Corleone, suo padre stava al paese e lui invece è andato a Palermo e non è più tornato al paese. A Palermo è diventato sindaco, ha fatto gli affari con le case. Dietro di lui c'era Licio Gelli". Sono queste invece le parole - in libertà - del boss corleonese Totò Riina, pronunciate durante una pausa del processo sulla trattativa Stato-mafia, lo scorso 30 marzo e "annotate" dall'assistente capo della polizia penitenziaria presente nella saletta del carcere di Parma. La relazione di servizio è stata ora depositata.

Anche in quell'occasione - come da tempo succede - il boss si collega con l'aula bunker di Palermo accomodato su una lettiga, a causa delle precarie condizioni di salute. Oggi il pm Nino Di Matteo - annunciando il deposito di attività integrativa di indagine tra cui la relazione di servizio del funzionario della polizia penitenziaria - ha definito il boss "lucido e orientato". Secondo l'assistente capo - che i pm hanno sentito a sommarie informazioni il 19 maggio scorso chiedendo oggi di sentirlo in dibattimento - Totò Riina ha proseguito: "Ciancimino non mi è mai piaciuto, lui andava d'accordo con Provenzano, andavano assieme al Babaluna (Baby Luna, locale palermitano, ndr) una volta l'ho visto su un giornale di sbirri..." Provenzano quando sono andato via io da Milano è arrivato lui poi è morto a Milano".

Riina inizia le esternazioni affermando: "Il presidente sa già tutto, sarò condannato perché sono Salvatore Riina!...della morte di Di Maggio (Francesco, ex capo del Dap, ndr) possono chiedere al suo amico Salvatore, lui sa bene". Nell'udienza del 30 marzo aveva deposto l'ex generale dei carabinieri e funzionario del Sismi, Eugenio Morini, che, tra le altre cose riferì alla Corte d'assise alcune informazioni apprese proprio dal suo "amico", Francesco Di Maggio. Secondo l'assistente capo, in ogni caso, Riina appariva "assolutamente lucido", mentre il suo atteggiamento mutava a seconda degli argomenti: "sereno, ad esempio, quando si parlava di Provenzano e quasi irritato quando invece parlava di Ciancimino".