Venerdì 26 Aprile 2024

Tomba di ghiaccio Trovato il corpo del volontario sparito sulle Ande

La vittima è Alberto Fedele, l’ingegnere cooperante della onlus WeWorld. Era partito per fare trekking ma dal 4 luglio non si avevano più sue notizie

Alberto Fedele, il trentenne pavese volontario della onlus WeWorld

Alberto Fedele, il trentenne pavese volontario della onlus WeWorld

Un corpo congelato trovato dalle squadre di ricerca sul percorso Nevado Chicòn, a San Isidro Chicòn, sulle Ande. Nella serata di ieri è arrivata la conferma, è Alberto Fedele, il 30enne pavese volontario della onlus WeWorld. L’ingegnere che in aprile aveva lasciato l’Italia per trasferirsi in Perù era scomparso il 4 luglio durante un’escursione effettuata da solo in montagna. Doveva rientrare in serata, ma non era mai tornato ed era stato lanciato l’allarme. Da quel momento sono partite le ricerche che non si sono mai interrotte fino a venerdì mattina, quando le squadre di montagna hanno trovato il cadavere nella zona tra la laguna e il ghiacciaio.

Una volta recuperato il corpo, in attesa dell’autopsia, dall’abbigliamento e dallo zaino trovati, la polizia ha avuto il forte sospetto che potesse trattarsi del cooperante italiano e successivamente l’avvocato della famiglia Fedele ha riconosciuto Alberto. La notizia, diffusa su alcuni siti d’informazione peruviani, ha fatto rapidamente il giro del mondo arrivando fino in Italia. "Il nostro pensiero va alla famiglia di Alberto e alle persone a lui care alle quali ci stringiamo con affetto e vicinanza – ha commentato il presidente della onlus WeWorld, Marco Chiesara –. La speranza è l’ultima a morire, ma Alberto era scomparso da più di due mesi".

È dalle prime ore del mattino del 4 luglio che non si hanno più notizie del cooperante partito per effettuare del trekking sul percorso Nevado Chicòn della laguna Huch’uyqocha in Urubamba. Sentieri segnati e accessibili. Alle 5,30 Alberto è stato ripreso da alcune telecamere di sorveglianza dopo essere sceso da un taxi nei pressi del monte Urubamba, il punto di partenza per le escursioni che portano fino a quasi 5 mila metri di quota. Alle 10,30 un’amica di Alberto ha ricevuto un messaggio del 30enne con il quale la avvisava di essere arrivato alla meta. Poi il silenzio. "L’ipotesi più probabile – ha aggiunto Chiesera – è che Alberto sia scivolato. La zona è di montagna, ma solo dopo la scomparsa di Alberto abbiamo saputo che anche altri escursionisti avevano avuto incidenti in quel punto". Magari scivolando lo zaino nel quale si trovava il cellulare è finito distante da Alberto e il giovane non è riuscito a lanciare un SOS. Fatto sta che il 6 luglio l’ingegnere non si è presentato al lavoro e sono scattate le ricerche. "Noi abbiamo una sede in Perù e siamo presenti – ha proseguito il presidente di WeWorld –, ma l’ambasciata italiana, le istituzioni locali, la polizia, i pompieri e le squadre di montagna dal momento della scomparsa lo hanno sempre cercato e non perché era stata offerta una ricompensa a chi avesse dato delle notizie di Alberto".

Con il passare dei giorni, però, le possibilità di trovare in vita il cooperante si facevano sempre più ridotte. "Alberto era una persona molto generosa che aveva a cuore i diritti umani – ha ricordato Chiesara – e ha fatto questa scelta: ha lasciato il suo lavoro in Italia per andare a occuparsi di quello in cui credeva in Perù". Al momento della scomparsa il padre Pietro Fedele, medico di famiglia a Pavia, è partito ed è rimasto in Perù per un mese, mentre la mamma Milena e il fratello Gianluca aspettavano notizie in Italia. "Noi abbiamo offerto tutto il nostro supporto – ha proseguito il presidente della onlus – anche in agosto, quando era stato trovato un corpo che non era quello di Alberto, lo stesso faremo oggi".