Giovedì 25 Aprile 2024

Tisana tossica e sacchetto in testa Così è stata uccisa l’ex vigilessa

La confessione delle figlie della vittima e del fidanzato di una delle due: "Non moriva, l’abbiamo strangolata"

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di Beatrice Raspa

Una sequenza da brivido. Prima la tisana avvelenata da una dose massiccia di Bromazepan. Poi il sacchetto in plastica infilato in testa mentre è a letto inerme, sprofondata in un sonno ipnotico, con una fettuccia a stringerle la gola. Infine quattro mani che si sono alternate attorno al collo per accelerare la morte, che tardava ad arrivare. Emergono dettagli da film horror dagli interrogatori degli assassini di Laura Ziliani, la 55enne ex vigilessa di Temù scomparsa l’8 maggio di un anno e fa dalla sua abitazione in Valcamonica e ritrovata morta tre mesi dopo sul greto del fiume Oglio, disseppellita da una piena. A pochi giorni dalla scadenza dei venti giorni dalla chiusura delle indagini, a un passo dalla richiesta di processo da parte della procura, Silvia e Paola Zani, 27 e 20 anni, le figlie della vittima, e Mirto Milani, il fidanzato della primogenita, hanno chiesto di farsi interrogare dal pm Caty Bressanelli. E in carcere hanno confessato. Il primo a crollare, martedì scorso, è stato Milani, 28 anni il 24 giugno prossimo, il sopranista lecchese laureato in Psicologia che faceva coppia fissa con Silvia, ma pare avesse una relazione anche con Paola. Le carte lo dipingono come un manipolatore, interessato al patrimonio immobiliare della famiglia Zani.

Eppure in queste ore il musicista appare il più provato, tanto da essere finito in ospedale in preda a un tracollo nervoso. Mercoledì a parlare è stata Silvia. E l’altro ieri il cerchio si è chiuso con Paola. I tre avevano già provato a eliminare Laura Ziliani una sera di metà aprile, hanno raccontato. Il sistema era quello che poi ha raggiunto lo scopo: farle sorbire una tisana alle benzodiazepine che Silvia, per un periodo fisioterapista in una casa di riposo della valle, non aveva difficoltà a recuperare. E poi ucciderla. Il proposito però era naufragato. Milani, somministrato il beverone alla malcapitata (che aveva avuto un malore), non aveva avuto il coraggio di andare fino in fondo. In quel frangente era anche stata scavata una buca nei boschi. Una tomba che alla fine non è stata utilizzata perché piccola. Il trio è tornato alla carica in maggio. A loro dire non per potere mettere le mani sulle ricchezze della ex vigilessa, poi impiegata comunale a Roncadelle – è questo il movente ricostruito dalla procura, non confermato tuttavia dagli indagati –, ma per liberarsi di una figura materna maltrattante e svalutante.

La vittima, insomma, donna realizzata e sicura di sé, sarebbe stata un’Erinni (nella mitologia greca, le personificazioni femminili della vendetta) con le ragazze, bistrattate e nel tunnel dei complessi di inferiorità. La coppia avrebbe maturato il progetto di soppressione – con Milani ad appoggiare Silvia ‘per amore’ – condiviso da Paola.

Il momento buono si è presentato il 7 maggio. Dopo avere cenato nella sua casa di Brescia con la secondogenita Lucia, 25 anni, problemi di disabilità – mai indagata – alle 22,24 Laura Ziliani ha raggiunto Paola e Silvia in montagna per la festa della mamma. Nell’appartamento di via Ballardini, come sempre, c’era ospite Milani. Prima di coricarsi ha sorseggiato ignara la tisana all’ipnotico e a letto è scivola in uno stato di semi-incoscienza. Un attimo e si è ritrovata un sacchetto in testa, una fettuccia al collo. La donna si è dimenata, ha annaspato a lungo. Finché non è finita strozzata a mani nude. Le mani di Silvia e Mirto, a quanto pare. Poi è stata caricata in auto. L’ultimo viaggio per sotto terra.