Martedì 30 Aprile 2024

Stupro di Pamela, processo riaperto "Rischio sconto di pena per il killer"

Nuova istruttoria, saranno sentiti due testimoni per chiarire se Oseghale violentò la 18enne prima di ucciderla. Il nigeriano che ha avuto l’ergastolo per l’omicidio, senza l’aggravante della violenza sessuale può essere condannato a 30 anni

di Paola Pagnanelli

Due testimoni da risentire, per chiarire se la 18enne romana Pamela Mastropietro fu anche violentata dal nigeriano Innocent Oseghale, il 29 gennaio 2018 a Macerata. Così i giudici della corte d’assise di Perugia hanno chiuso ieri il processo in appello bis per il nigeriano. In aula saranno richiamati i due uomini che ebbero rapporti sessuali con lei, dopo la fuga dalla comunità. La prossima udienza sarà il 25 gennaio. "Per noi, è una sofferenza che si prolunga" hanno commentato i familiari della 18enne. Oseghale, nigeriano clandestino, fu arrestato poche ore dopo il ritrovamento dei due trolley con i resti della vittima, fatta a pezzi e lavata con la candeggina. In primo grado, la corte d’assise di Macerata lo condannò all’ergastolo per omicidio, violenza sessuale, occultamento e vilipendio di cadavere. In appello, ad Ancona, la condanna fu confermata. Ma in Cassazione, i giudici hanno rilevato una contradditorietà della motivazione della Corte d’appello in merito al reato di violenza sessuale, e su quel punto – ferma restando la condanna per omicidio volontario – hanno chiesto alla corte di Perugia di riesaminare gli atti. La procura generale dell’Umbria ha chiesto la conferma dell’ergastolo per l’imputato, in subordine di riascoltare come testimoni i due che incontrarono Pamela dopo la sua fuga dalla comunità di Corridonia. Tutti e due ebbero rapporti sessuali con lei, sempre protetti.

Solo con Oseghale la 18enne non usò i preservativi: malgrado la candeggina, le indagini hanno rintracciato il Dna del nigeriano su di lei. E questo è uno degli aspetti che fa pensare a una violenza. Inoltre la ragazza, tossicodipendente con un disturbo della personalità, curata con gli psicofarmaci dalla Comunità, non era dunque in condizioni psichiche perfette. Dopo l’udienza del 25 gennaio si potrà riformulare il giudizio sull’imputato. Senza l’aggravante della violenza sessuale, Oseghale potrebbe avere una condanna a trenta anni di carcere per l’omicidio. "Non ci sono riscontri per il reato di violenza sessuale – ha ribadito uno dei legali dell’imputato –. Su questo, la Cassazione ha rilevato le contraddizioni della motivazione della sentenza di Ancona, fondata sul nulla, e spero che ora la Corte umbra ne prenda atto". Di avviso opposto i familiari di Pamela. "Mia figlia è stata violentata, mi auguro che sia confermato l’ergastolo", ha dichiarato la madre, Alessandra Verni. "Oggi si viene condannati per una pacca sul sedere mentre nel caso di Pamela non si sa cosa ci sia ancora da accertare – ha aggiunto –. Ci sorprende che si voglia ancora approfondire questo aspetto della vicenda".