Sabato 15 Giugno 2024
RICCARDO JANNELLO
Cronaca

"Siamo goliardi, nati per dissacrare" Storie di scherzi, riti e ordini

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di Riccardo Jannello

La feluca degli studenti pisani e senesi è monca: un modo per onorare il Battaglione Universitario che a Curtatone e Montanara, il 29 maggio 1848, si immolò per una sola Italia. Quel lutto imperituro costituisce un segnale che la goliardia italiana ha una storia che non è solo di spregi o di giochi, ma che si basa su profonde radici culturali che ne hanno fatto negli anni un esempio e che hanno coinvolto personaggi di primo piano nelle sue attività. Renato Fucini, grande letterato a cavallo fra Ottocento e Novecento, è stato autore di opere goliardiche, e il premio Nobel Giosue Carducci, "educato" ai carnasciali nella università di Pisa e quindi ad Heidelberg, quando giunse professore a Bologna spinse molto perché ci fosse uno spirito goliardico di primo piano, sulle orme di quei "clerici vagantes" e dei loro "Carmina Burana" che nel XII secolo avevano la Chiesa nel mirino. Ma è la dissacrazione che guida la goliardia: non solo della religione, ma dei costumi, dei luoghi comuni. E pure la morte perde la sua sacralità.

A Firenze le associazioni goliardiche si sono distinte per il loro impatto sulla città, coinvolgendo personaggi di primo piano nel Placido Ordine della Vacca Stupefatta, nato a Giurisprudenza, come Paolo Grossi, ex presidente della Corte Costituzionale o l’ex procuratore Pier Luigi Vigna; mentre Scienze Politiche non volle essere da meno e così nacque il Sacro e Privato Ordine del Cilindro: i certami fra questi due gruppi di studenti hanno per molto tempo rese vive le Feriae Matricularum e le operette che ne nascevano rappresentavano ben più di un evento improvvisato. Su loro vegliava l’ordine più antico, quello di San Salvi, dove si è formato fra gli altri Jacopo Massaro, attuale sindaco di Belluno.

Solitamente la goliardia fissava il proprio luogo d’incontro nei caffè più importanti e storici delle varie città, come il Pedrocchi di Padova o il Greco di Roma: un modo per legarsi sempre più alla gente che ricambiava partecipando come pubblico alle operette, fra le quali un titolo mai dimenticato è stato "Addio giovinezza". Nel corso degli anni l’evoluzione goliardica ha cercato di creare una rete nazionale come collante di tutte le esigenze delle comunità universitarie, compreso un ordine di sole donne. Ma quello che fa riconoscere la comunità goliardica sono i canti che accompagnano le riunioni e i rituali: Carlo Azeglio Ciampi, che goliardo lo fu eccome assieme alla moglie, fu accolto in visita all’università di Siena dal "Gaudeamus Igitur", l’inno internazionale cantato in latino per la prima volta dagli studenti parigini: godiamo ordunque mentre siam giovani, accompagnò il Capo dello Stato con la mano sul cuore.

I goliardi italiani (tra loro anche Marco Pannella e Bettino Craxi) hanno cercato di opporre un nostro inno a questo e così è nato "Di canti di gioia", dal forte impeto risorgimentale. Poesia e musica che appunto nei "Carmina Burana", ricostruiti a metà Ottocento e musicati nel 1937 da Carl Orff, raggiungono il culmine di questa sferzante critica alla società soprattutto dal lato religioso. Un modo di vivere "alto" comunicato con metafore "basse", nel quale il lato sessuale è sempre in primo piano. E se viviamo in una società in cui il politicamente corretto frena l’istinto, i goliardi lo liberano con grande gioia oppure toccandosi, nel senso apotropaico del termine: "Vita nostra brevis est, brevis finietur".