Trento, 16 giugno 2024 – Due donne si amano, si sposano civilmente, hanno tre bambini con la procreazione assistita all’estero. Poi si separano. In teoria, secondo la legge, i figli dovrebbero restare con la madre biologica. E l’altra madre, di fatto, a livello giuridico non farebbe più parte della famiglia. Ma nei tribunali ci sono occhi che vedono oltre i muri dei codici. E da Trento arriva questo caso destinato a fare scuola: la mamma non biologica di questa coppia che non sta più insieme può comunque adottarli, essere chiamata dalla scuola se uno sta male, avere le stesse responsabilità dell’ex compagna e dare loro il doppio cognome. Non per soddisfare un capriccio dell’adulto, ma per il bene dei ragazzi.
Il presidente del Tribunale dei minori Giuseppe Spadaro, che ha dato il via libera, sottolinea due punti fondamentali: l’interesse dei minori e la "continuità affettiva". E si sofferma sul concetto di famiglia, che "prescinde dal successo della relazione di coppia". Osserva infatti: "Come le unioni tra persone eterosessuali, anche quelle tra persone dello stesso sesso possono sciogliersi ma la cessazione del rapporto di coppia non comporta certamente l’interruzione del legame genitori-figli". Trionfo del buonsenso e della civiltà.
Le due donne si conoscono nel 2004, quattro anni dopo decidono di formare una famiglia e vanno all’estero per tentare la procreazione assistita. Nel 2010 nasce il primo figlio, oggi adolescente, e tre anni dopo i due fratellini. Nel 2016 si sposano in comune. Nel 2023 decidono di separarsi e due bimbi vanno a vivere nella nuova casa della mamma biologica, il terzo resta con l’ex compagna che sa che razza di percorso a ostacoli le si para davanti. Così d’accordo con l’ex va dall’avvocato per chiedere l’adozione di tutti e tre. Primo problema. L’adozione è consentita a chi è sposato da almeno tre anni e non è separato. Secondo problema: la normativa è spesso applicata in senso restrittivo.
Il tribunale dei minori di Trento scioglie tutti nodi aggrappandosi a una sentenza della Cassazione del 2016 che ricorda: "Nell’ambito della vita familiare il rapporto tra persone dello stesso sesso non può essere escluso dal diritto di famiglia" e di conseguenza "non sono le aspirazioni degli adulti ad avere pari riconoscimento da parte dell’ordinamento ma i diritti dei bambini". Il legame d’amore in questo caso già esiste, l’atto lo formalizza.