Mercoledì 24 Aprile 2024

Sgarbi non si scandalizza "La copia? Niente di male"

Secondo il critico d’arte l’importante è che il duplicato sia a servizio dell’originale "David inamovibile, la versione digitale invoglierà a conoscere quello vero"

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di Letizia Cini

Chi si aspettava che arricciasse il naso, resterà deluso. A Vittorio Sgarbi, storico dell’arte, critico e curatore di mostre in perenne attività, l’idea della nascita di un ’gemello digitale’ del David di Michelangelo da spedire a Dubai, piace parecchio.

Non bastava Venezia a Las Vegas e la Cappella Sistina in Messico, un altro capolavoro italiano “clonato“ andrà in giro per il mondo: un sacrilegio?

"No, l’arte vive di copie e duplicati. Io per primo ho praticato in maniera sistematica la digitalizzazione di dipinti al Mart di Rovereto, dove ho fatto riprodurre il Seppellimento di Santa Lucia per la mostra di Caravaggio. E nessuno se n’è accorto".

Non esiste il rischio che queste repliche perfette finiscano per sostituirsi al capolavoro vero agli occhi di chi guarda magari... distrattamente?

"Una copia esatta è legittimata quando il suo impiego è al servizio dell’originale".

Se vengono generati multipli tanto perfetti da confondersi con l’originale, è lecito che un museo (che non ne è proprietario) li utilizzi per le proprie mostre?

"Qui il discorso è diverso: nel caso del David stiamo parlando di un’operazione commerciale che riguarda un’opera assolutamente inamovibile. La grande scultura di Michelangelo non potrebbe mai essere spostata, ma la sua missione all’Expo genererà un ritorno di immagine e di moneta: centinaia di migliaia di visitatori, quando sarà possibile, arriveranno in Italia per ammirare l’icona esposta all’Accademia di Firenze, richiamati dal culto dell’originale e dal desiderio di godimento del feticcio".

Esiste quindi una funzione ’alta’ del clone artistico?

"La tecnologia ci fornisce nuove possibilità, da quella in bianco e nero dei tempi di Longhi, alle stampe a colori dei giorni nostri, fino alle immagini in 3D e i duplicati, anche di sculture, che possono di gran lunga limitarne i viaggi. Io lo farò con Canova, come presidente della Gipsoteca, in vista del secondo centenario della sua morte, nel 2022".

Lo scetticismo del mondo dell’arte sul valore delle copie tecnologiche è superato in virtù del ruolo che assumono nel campo della tutela e della valorizzazione?

"Sia chiaro, avere l’originale è un motivo di prestigio, però il fatto che abbiano realizzato una copia perfetta del David è un avvenimento storico, nel senso che questo ambasciatore d’Italia avrà un’importante ricaduta economica per il nostro Paese. Bisogna poi pensare a un’altra cosa, in campo artistico".

Ovvero?

"Tutta la civiltà romana è fatta di copie di originali greci: ma non per questo i critici hanno detto che i romani valgano meno dei greci. Quindi se la copia, grazie alla tecnologia, la fai identico all’originale, chi deve lamentarsi? Potevamo pensarci anche per l’obelisco di Axum, che abbiamo dovuto restituire all’Etiopia. Gran parte dell’arte è duplicazione. Si pensi a due movimenti fondamentali, uno si chiama “Ri“nascimento, e si rifà al mondo antico, e l’altro “Neo“classico, e guarda all’arte romana ed a quella greca".

Ha in mente qualcosa?

"Sì, faccio una mostra che aprirà non appena possibile al Mart, su Botticelli: 35 dipinti del Filipepi e poi tutti gli artisti del nostro tempo, da LaChapelle a Pistoletto, da Witkin a Guttuso, che hanno giocato in dialogo con la Primavera o la Nascita di Venere. Fra le opere esposte, la gigantografia della Ferragni fotografata agli Uffizi davanti alla Venere, una grande intuizione dell’amico Eike Schmidt".