Dodicenne sfregiata a Napoli. "Qui lo Stato non esiste. I ragazzi imitano i boss"

Il direttore della fondazione Foqus salva i giovani dei Quartieri Spagnoli. "Si rischia una deriva sociale. E dopo la pandemia il disagio è esploso"

Renato Quaglia, 62 anni, direttore generale di Foqus (Fondazione Quartieri Spagnoli)

Renato Quaglia, 62 anni, direttore generale di Foqus (Fondazione Quartieri Spagnoli)

Non bastano le buone pratiche, come la fondazione Foqus, per cancellare disagio, fragilità e disgregazione da aree difficili come i Quartieri Spagnoli di Napoli. Pochi giorni fa una ‘stesa’ da parte di baby gang, poi l’accoltellamento di un minore, ieri una adolescente sfregiata.

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Come lo spiega tutto questo, Renato Quaglia, direttore generale della fondazione Foqus e docente di Storia del teatro e dell’impresa culturale?

"Partirei da una premessa: queste aree non sono più periferia, non sono più il bordo delle metropoli, ma il cuore di una città che non riesce più a rispondere alle domande che vengono da corpi sociali profondamente mutati. Per questo il problema sta diventando emergenza".

Può convivere l’eccellenza di Foqus – che organizza cultura, formazione, eventi – con un quartiere in cui basta uno sguardo o una parola di troppo per essere accoltellati?

"Foqus e il disagio di un’intera generazione sono facce di una stessa medaglia. Respiriamo tutti un disagio aggravato dalla pandemia, in Campania le scuole sono rimaste chiuse per più di un anno. Solo tra qualche tempo capiremo il dramma sociale che il Covid ha determinato in queste aree".

Disagio, fragilità, scarsa scolarità: riesce tutto questo a spiegare le baby gang o gli sfregiatori sedicenni?

"Partiamo da un riferimento: fino agli anni ’70 ci hanno detto che la modernizzazione era il raggiungimento di un welfare. Dagli anni ’90 ci hanno spiegato che la modernizzazione era lo smantellamento del welfare. Oggi, lo Stato ha delegato il terzo settore, la chiesa e altre agenzie ad affrontare la fragilità sociale. Lo ha scaricato come un fastidio, nonostante fosse il tema dei temi per affrontare le povertà. Non riguarda affatto l’immigrazione, pensi che a Napoli l’80% dei residenti è fatto da napoletani".

Queste generazioni di giovanissimi sono diventate invisibili per le nostre istituzioni. Di cosa ci sorprendiamo?

"Ecco la mia impressione: lo Stato non riesce ad affrontare più questo problema, allora lo spiega. Ne parla molto, bla bla, di fatto non succede nulla. Esperienze come Foqus – noi siamo tra le più strutturate, abbiamo creato 168 posti di lavoro, facciamo scuola a 500 bambini – rischiano di far diventare il modello che le ha generate un incidente di percorso. Intanto balena il rischio di una deriva sociale….".

Cosa teme?

"Vedo già gente senza voce, senza storia, che si organizza in gruppi separati dove ha riconoscibilità, dove ci si chiama per nome".

E la camorra che fa proseliti.

"Nel lockdown come Foqus abbiamo portato la spesa a 670 famiglie. Quando giravamo il quartiere con le nostre buste, incrociavamo gli uomini dei clan che consegnavano scatoloni coi viveri. Buste contro scatoloni, legalità e illegalità. Appartenenza e non appartenenza".

Che direbbe al 16enne che ha sfregiato la 12enne?

"Che è un bullo e non sa di esserlo. Anche lui avrebbe bisogno di un’attenzione diversa, se fa questo vuol dire che è frustrato e isolato, non forte".