Mercoledì 24 Aprile 2024

Se Bergoglio non nomina Putin. La condanna della guerra e i silenzi

Francesco parla dei bimbi sotto le bombe ma non attacca direttamente lo zar. Il parallelo con Pio XII e la furia nazista

Papa Francesco al Bambino Gesù visita 19 bimbi ucraini

Papa Francesco al Bambino Gesù visita 19 bimbi ucraini

"Signore Gesù, ti chiedo per i bambini, le bambine, i ragazzi, le ragazze che stanno vivendo sotto le bombe, che vedono questa guerra terribile, che non hanno da mangiare, che devono fuggire lasciando casa, tutto. Signore Gesù, guarda questi bambini, questi ragazzi: guardali, proteggili. Sono le vittime della superbia di noi, gli adulti. Signore Gesù, benedici questi bambini e proteggili". Queste le parole del Papa alla fine dell’udienza di mercoledì scorso. Ancora una volta lasciano sbigottiti i fedeli che si aspettavano qualcosa di veramente chiaro e decisivo sulla guerra in Ucraina.

Parlare della superbia "di noi adulti", farne una sorta di condanna del mondo degli adulti in generale, rivela una pervicace volontà di non prendere partito su questo terribile conflitto. Non è un caso che venerdì il New York Times abbia paragonato Francesco a Pio XII, il Papa che evitò di condannare apertamente Hitler quando invase la Polonia nel 1939. Proprio come Bergoglio, che non ha ancora pronunciato la parola ’Russia’ o nominato Putin.

Finora la linea del Papa è stata quella di condannare con accenti accorati la guerra ma senza evocare mai l’aggressore. Anche per Francesco ritorna quanto si sente ripetere da coloro che hanno cercato di difendere Pio XII: si tratta di un silenzio diplomatico, per poter agire in trattative di pace. Ma oggi – come allora – lo spazio per la diplomazia sembra molto ridotto, e comunque non favorevole al Papa.

Tutti sappiamo quanto questi silenzi siano costati a Pacelli, quanto abbiano incrinato l’immagine di un uomo che per tanti versi è stato anche un buon Papa. Ma sembra che la storia si ripeta sempre uguale, e non insegni mai niente, neppure al Pontefice.

In questo caso l’idea di un pacifismo indiscriminato, valido in ogni circostanza, si fonda sull’utopia. Non ha un rapporto con quanto succede nella realtà, dove ci sono aggrediti e aggressori. Parlare contro la guerra in generale sembra nobile in astratto, ma spesso significa in concreto rifiuto di aiutare il debole e l’aggredito, quindi di fatto lasciare campo libero all’aggressore. Significa considerare la pace in quanto tale l’unico valore da perseguire, come se di fronte alla guerra tutto passasse in secondo piano.

Ma è proprio assurda ogni guerra? Perfino quando si tratta della disperata resistenza di un popolo contro un invasore? Di un popolo che conosce bene questo invasore, che ricorda i milioni di morti vittime di una carestia attuata da Stalin per applicare un assurdo assetto agricolo, che ha sofferto malattia e dolore con il disastro di Chernobyl dovuto alla trascuratezza e inadeguatezza dei dirigenti della centrale nucleare al tempo dell’Unione sovietica.

Cosa succederebbe se gli ucraini abbandonassero la loro disperata resistenza, cioè se si verificasse l’unica condizione necessaria – secondo Putin – per smettere di fare la guerra? Ci pensa il Papa? Un popolo perderebbe la sua libertà, la sua speranza di crearsi un futuro a propria scelta, a propria misura. Un popolo dovrebbe accettare prepotenza e vessazione, soffocamento della propria cultura e del proprio sviluppo.

I poveri bambini ucraini non sono vittime della superbia degli adulti, e neppure di quella del popolo russo, ingannato e sacrificato, ma della superbia di Putin e del gruppo di ricchi oligarchi che lo appoggia. Perché non dirlo ad alta voce, perché il Papa non vuole riconoscere che il male ancora una volta è stato scatenato da una parte, e sta rischiando di prevalere? I fedeli ucraini, sia i greco-cattolici sia gli ortodossi, ne trarrebbero coraggio e forza. E il bene avrebbe una chance in più.