Mercoledì 24 Aprile 2024

Se a pagare sono le vittime non è giusto

Gabriele

Canè

Partiamo da due presupposti. Primo, la riforma Cartabia della giustizia penale non è, purtroppo, una nostra meritoria iniziativa: è imposta dal Pnrr per modernizzare il Paese, e per avere i danari dall’Europa. Comunque sia, è benvenuta. E tanto meglio se porta la firma di una giurista di altissimo profilo come l’ex presidente della Consulta. Secondo. Il crinale su cui ci si muove è sottile, il lenzuolo è corto: meno carichi la giustizia, più rischi di alimentare l’ingiustizia. È quanto succede con parecchi reati che dal primo gennaio sono perseguibili solo su querela della vittima. Reati "minori" nelle gerarchie dei pm e nella definizione mediatica. Maggiori, intollerabili, nella vita di tutti i giorni, della gente comune, degli anziani: il furto, le lesioni personali, la violazione di domicilio, persino il sequestro "semplice". Per non gravare sulla macchina giudiziaria, sei tu derubato, sequestrato, che devi dare il là, querelare.

La polizia sorprende i ladri che si fanno due spaghetti a casa tua come ne "I soliti ignoti"? Se non c’è la vittima a fare denuncia, le forze dell’ordine possono solo stare a guardare. Sedersi a tavola. Possono cercare il derubato, è vero. Ma se non lo trovano, il reato, e la cena, si consumano in tutta tranquillità. Certo, uno ha poi 90 giorni per attivare la giustizia, ma nel frattempo il delinquente può essere alle prese con un eritema al sole delle Maldive, più che con il cielo a strisce di una cella. Insomma, in un impianto complessivamente efficace, questo capitolo non funziona perché sono alleggeriti i tribunali, ma penalizzati gli "alleggeriti", e premiati i trasgressori. Non a caso si sta creando un vasto fronte politico e giudiziario per porre mano a queste storture. Come? Intanto ti fermo, poi se non arriva la denuncia in 48 ore ti rilascio, ad esempio. Con una morale: la giustizia va indubbiamente sollevata dalle cose minori. Basta non confonderle con le maggiori.