di Elena G. Polidori Altro che "passerella" per accreditarsi come campione della pace e sostenitore dell’accoglienza ai "veri profughi". Matteo Salvini, in Polonia, finisce all’angolo per via di un passato che gli viene messo davanti senza sconti. A sferrare il colpo, assolutamente inatteso, il sindaco di Przemysl. Che prima ha tirato fuori la maglietta con il volto di Vladimir Putin e la scritta "armata russa" sventolata davanti alle telecamere e poi ha infierito a parole: "Ho una cosa che vorrei consegnarle – ha detto rivolgendosi a un leader della Lega disorientato – andiamo insieme al confine con questo regalo per far vedere a tutti cosa sta facendo il suo amico Putin al popolo ucraino: io non la ricevo". Spiazzato, Salvini ha cercato di recuperare l’irrecuperabile, ma ormai la figuraccia si era consumata: "Io voglio la pace e sono qui per la pace vogliamo fermare la guerra, che va oltre il passato, l’obiettivo è salvare donne e bambini e fermare la guerra", ricordando poi che Putin lo hanno incontrato tutti: "Prodi, Obama, Clinton, Berlusconi. Tutti". Tutto inutile. Qualcuno, poi, ha cercato di affondare ancora il coltello nella ferita fresca chiedendogli una pubblica abiura dell’amicizia con il leader russo. "Certo, è ovvio – ha risposto, sicuro – chiunque condanna la guerra e l’aggressione", ma il nome di Putin non viene pronunciato. Quindi, via in macchina dritto verso il centro per i rifugiati dove ha twittato: "Ci sono immagini strazianti". Nelle intenzioni del leader della Lega quella a Przemysl, la cittadina dove arrivano i treni da Leopoli e partono quelli con i profughi che vengono smistati nelle città, era solo una tappa della due giorni in terra polacca. Un viaggio per organizzare il trasferimento in Italia dei bambini ucraini – un centinaio entro il weekend e poi altri a seguire – e per definire con le ...
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