Mercoledì 24 Aprile 2024

Salvini da Draghi, nodo Lamorgese Ma niente richiesta di dimissioni

La titolare del Viminale disponibile ad andare in Aula. La Lega non sosterrà la mozione di sfiducia di Fd’I

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di Antonella Coppari

Se l’auspicio di Draghi era che un faccia a faccia con Salvini preceduto da un colloquio telefonico portasse almeno a un abbassamento del volume di fuoco contro la ministra Lamorgese, il premier è rimasto deluso. Appena uscito da Palazzo Chigi, il leghista affonda il coltello: "Lei non sta svolgendo il suo ruolo, e a dirlo sono i numeri. Siamo a quota 40 mila sbarchi. Mi domando come passi le sue giornate: la Lega chiederà ufficialmente che venga a riferire su quanto non sta facendo. Ci sono ministri che si sono dimessi per molto meno di un rave".

Dopo aver dato la disponibilità a incontrare il predecessore, la titolare del Viminale fa sapere di non aver problemi ad andare in aula: è consapevole che il Carroccio non può votare la mozione di sfiducia annunciata da Fd’I, uno strumento che serve pure a Giorgia Meloni per mettere in difficoltà l’alleato-rivale. E’ nelle cose che Salvini abbia assicurato al premier di non voler dare la spallata al governo, ma è altrettanto evidente che non può rinunciare alla campagna contro la Lamorgese, lasciando l’argomento sicurezza con tutta la sua valenza propagandistica nelle mani della Meloni. Sui dettagli del colloquio si resta nel campo delle ipotesi: nessuno apre bocca. Anche perché di nodi da sciogliere ce ne sono parecchi e tutti piuttosto minacciosi. Tanto che il premier ha voluto incontrare nella stessa giornata l’anima più governista della Lega: Giancarlo Giorgetti. In cima alla lista il caso Lamorgese, certo, ma anche quello Durigon: il Carroccio non ha alcuna intenzione di consegnare agli “alleati“ di governo la testa del sottosegretario all’Economia. E gli affondi sulla Lamorgese vanno letti anche come un segnale in tal senso. Per quanto Salvini assicuri che non se ne sia parlato, però, è chiaro che l’affaire sia una delle spine della rosa sulla scrivania di Draghi ieri. Assieme alla più classica agenda che va dall’Afghanistan ai vaccini ("sono contrario all’obbligo", insiste Salvini) alla riforma delle pensioni. Una voce, quest’ultima, potenzialmente esplosiva. Per il Matteo milanese è fondamentale che non si possa parlare di ritorno alla legge Fornero, a maggior ragione dopo che l’ex ministra è diventata consulente del governo; d’altra parte per Draghi mantenere quota 100 è impossibile. Vicenda pericolosa perchè in ballo c’è la vita e la sorte di migliaia di pensionandi. Epperò, alla vigilia del G7, è probabile che il tema più impellente per il premier fosse la questione afghana. Non tanto per il conflitto con gli Stati Uniti per la richiesta italiana ed Europa di coinvolgere Russia e Cina, condivisa dalla Lega.

Ma per quanto riguarda la discussione nell’Unione sulla prevedibile massa di profughi che tenterà di arrivare in Occidente. La Slovenia ha escluso la possibilità di corridoi umanitari, il cancelliere austriaco Kurz ha fatto sapere che non accoglierà neppure un fuggiasco. Per Draghi è fondamentale poter contare su una maggioranza compatta perché se la Lega farà blocco con la destra europea, per l’Italia diventerà molto più difficile insistere per l’accoglienza. "Chi è a rischio della vita è giusto accoglierlo: l’Italia farà la sua parte, ma anche altri paesi occidentali devono fare la loro. L’Italia non è però il campo profughi del mondo", ripete Salvini. Si ripropone l’eterno duello europeo per l’immigrazione, ma stavolta esasperato dal fatto che nessuno potrà dire "aiutiamoli a casa loro" e che la responsabilità italiana nel disastro afghano, pur se limitata, e innegabile. Di qui la necessità di ritrovare anche su questo delicatissimo capitolo una quadra con la Lega. Insomma, di note dolenti ce ne sono parecchie, certo non c’è la tentazione leghista di mettere in crisi la maggioranza, al contrario Salvini è più che mai deciso a sostenere il governo. E d’altra parte, Draghi è sempre propenso a trovare punti di equilibrio, solo che stavolta non è facile.