Mercoledì 24 Aprile 2024

Salari al palo, lite tra industriali e sindacati

L’incubo di una spirale di incrementi tra inflazione e buste paga. Cgil, Cisl e Uil: "Nei rinnovi bisogna tenere conto del caro bollette"

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di Raffaele

Marmo

Il caro-prezzi non solo ha mandato al macero il cosiddetto "Patto della fabbrica" siglato qualche anno fa (un’altra era geologica) tra industriali e sindacati, ma rischia di innescare un vero scontro tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil per la caduta drastica del potere d’acquisto delle retribuzioni, con lo spettro della spirale prezzi-salari all’orizzonte. Un incubo che ha minato l’economia italiana tra gli anni Settanta e la metà degli Ottanta e che oggi, in piena ripresa, viene evocato come un pericolo da scongiurare dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.

E il perché dell’avviso ai naviganti del numero uno di Palazzo Koch è presto detto: "Va evitata la futile rincorsa tra salari e prezzi già vista nella crisi petrolifera degli anni ‘70. Allora e ora è impossibile non patire la tassa dell’aumento dei prezzi dell’energia, essendo un onere esterno. Il rischio è che una rincorsa salari-prezzi porti a un marcato e persistente aumento dell’inflazione".

Il punto è che, finita dal ’78, per merito di uno dei leader storici della confederazione di Corso d’Italia, Luciano Lama, la tesi del salario "variabile indipendente", e chiusa anche la stagione della scala mobile con il referendum dell’84 di Bettino Craxi e Gianni De Michelis, nessuno si aspettava che poco meno di quarant’anni dopo potesse riesplodere il nodo della salvaguardia del valore reale degli stipendi.

E, invece, il caro energia e materie prime ha fatto impennare i prezzi di tutta la filiera della produzione e dei servizi, con un impatto devastante non solo sui costi delle imprese, ma anche sulle bollette e sul carrello della spesa delle famiglie. Da qui una trappola dalla quale appare complesso venire fuori. Ma che sta già provocando quel conflitto tra sindacati e associazioni imprenditoriali che i più avveduti osservatori segnalano da tempo.

L’inflazione, però, non fa sconti e vola, con l’incremento del 4,8% a gennaio, il più alto dal 1996, e le famiglie – anche quelle che hanno investito in titoli di Stato – diventano ancora più povere. Nei giorni scorsi, d’altronde, l’Istituto di statistica aveva già lanciato un chiaro allarme sullo squilibrio tra prezzi e retribuzioni: nel 2021 la crescita delle retribuzioni contrattuali orarie si è fermata allo 0,6% annuo, rimanendo in linea con quella del 2020. "Alla luce – scrivono gli analisti dell’Istat – della dinamica dei prezzi al consumo, in forte accelerazione nella seconda metà dell’anno e pari a circa tre volte quella retributiva, si registra anche una riduzione del potere d’acquisto".

In questo contesto, i sindacati chiedono di discutere gli aumenti salariali tenendo conto di quello che succede sul fronte dei prezzi. In pratica di non tenere solo conto dell’Ipca (il meccanismo che viene utilizzato per i rinnovi contrattuali), perché non terrebbe conto del caro energia. "Non è così – insiste, però, il presidente degli industriali, Carlo Bonomi –. Il prezzo dell’energia c’è, ma viene spalmato nel tempo per evitare che scarti bruschi come quello attuale rendano l’indice ballerino. Se si vogliono innalzare i salari subito, la strada sono contratti di produttività in ogni impresa addizionali al contratto nazionale". Parole definite inaccettabili da Landini che ricorda come "in un Paese dove la maggioranza dei lavoratori è in imprese dove la contrattazione non c’è, se non sono i contratti nazionali a porsi il problema di aumentare il valore reale dei salari questo vuol dire accettare la riduzione dei salari".

Altrettanto netto il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri: "Non mi pare che si possano richiedere rinnovi sulla base dell’Ipca. Se non ci saranno risposte e soluzioni, questa organizzazione non ha rimosso dal vocabolario il termine conflitto". Un monito respinto da Bonomi come "l’ultima cosa che serve all’Italia di oggi". Ma con poche chances di trovare i sindacati divisi. Perché su questo terreno anche Luigi Sbarra, leader della Cisl, non usa mezze misure: "Bisogna fronteggiare l’inflazione, favorire la crescita salariale, arrestare la corsa dei prezzi dell’energia che sta schiacciando il potere d’acquisto delle famiglie e mettendo in ginocchio centinaia di piccole imprese. Occorre un nuovo piano energetico nazionale".