Giovedì 25 Aprile 2024

"Restino in carcere, c’è il rischio di fuga"

Così i pm nel decreto di fermo contro i tre indagati. L’affondo: pena detentiva elevatissima se saranno confermate le accuse

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dall’inviato

Giambattista Anastasio

"I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita" dei passeggeri. Parole durissime, quelle messe nero su bianco da Olimpia Bossi, procuratore capo di Verbania, nel decreto con il quale martedì ha disposto il fermo di Luigi Nerini, proprietario e amministratore unico delle Ferrovie del Mottarone, la società che gestisce la funivia Stresa-Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, nell’ordine direttore dell’esercizio e capo operativo della stessa funivia.

Parole che confermano il quadro emerso ieri: le corse dell’impianto di risalita si sarebbero dovute sospendere per consentire gli interventi utili a sistemare alcuni malfunzionamenti, ma i tre decisero di non fermare il servizio per non perdere i relativi incassi e di aggirare il problema lasciando sopra le cabine i forchettoni, vale a dire: piastre che impediscono l’attivazione dei freni di emergenza, proprio i freni che avrebbero tenuto la cabina agganciata al cavo fisso, una volta spezzatosi il cavo trainante.

Una condotta, quella dei tre fermati, che nel decreto viene definita "sconsiderata" e che, scrive il procuratore, "ha determinato" la morte di 14 persone e lesioni gravissime ad un bambino di 5 anni. Per queste ragioni, "in caso di accertato riconoscimento della relativa responsabilità penale" sarà disposta "una elevatissima sanzione detentiva". Nel provvedimento si conferma che Tadini "ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (i forchettoni ndr), disattivando il sistema frenante di emergenza". E si ribadisce che di tale condotta "erano stati ripetutamente informati" sia Perocchio sia Nerini, che "avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il fermo dell’impianto, con ripercussioni – si badi – di carattere economico".

Luca Geminale, capitano dei carabinieri della Compagnia di Verbania, non esclude altre iscrizioni nel registro degli indagati: "Questo sistema di bypass delle anomalie all’impianto frenante durava dal 26 aprile: quindi un’intera squadra di operai ha fatto funzionare la funivia con questo bypass. Quanti sono e chi sono? Difficile dirlo, ma di certo non è un sistema che si può far funzionare con una persona sola". Di nuovo al decreto, allora. Il provvedimento di fermo è stato emesso per il pericolo di fuga, possibilità che la procura ritiene possibile "in considerazione dell’eccezionale clamore anche internazionale della vicenda, per la sua intrinseca drammaticità, che diverrà sicuramente ancora più accentuato – si noti – al disvelarsi delle cause del disastro". Da qui la necessità del carcere per i tre. L’udienza di convalida dei fermi davanti al gip è in programma sabato. Ieri i legali hanno incontrato i loro assistiti in carcere.

"Il pensiero di Nerini è per le vittime e ci stiamo già occupando dei risarcimenti", ha dichiarato l’avvocato Pasquale Pantano. Leitner, la società che si occupa della manutenzione della funivia, ha fatto sapere, a sua volta, che si costituirà parte civile e gli eventuali risarcimenti saranno devoluti alle famiglie delle vittime.