Renzi furioso attacca i giudici "Su Open un processo politico"

Il leader di Iv punta il dito sul Pd: "Quelli che venivano alla Leopolda? Chiusi in un silenzio vigliacco"

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di Paola Fichera

Un fiume in piena. Renzi dal palco della Leopolda sulla vicenda Open si impegna in un corpo a corpo con la magistratura. "Il garantismo è giusto , il giustizialismo è sbagliato, il garantismo sta al giustizialismo come la democrazia alla dittatura". È il suo punto di partenza. Riflettori puntati sulla differenza fra partito e fondazione e su "chi deve decidere cos’è la politica?". Ma va ben oltre. "I magistrati pensano che in politica le correnti funzionino come accade in magistratura. Se lo facessimo noi prenderemmo gli avvisi di garanzia per traffico di influenza", accusa dal palco della Leopolda. "La Fondazione Open – spiega – organizzava una manifestazione che si chiamava Leopolda dove non c’erano mai state bandiere di partito e ricordo le polemiche perché non c’erano le bandiere del Pd...". E ancora: "Non c’entra niente il fatto di dare soldi a Open e far parte di una corrente". Poi, tranquillo ma non troppo, precisa: "Intorno a un senatore della Repubblica non si stringono cordoni sanitari": lo dice citando la frase scritta da un esponente di Magistratura democratica. E sibila: "Quando saremo giudicati potremo chiedere se il magistrato appartiene a Magistratura democratica? Potrà venirmi il dubbio che sto in un cordone sanitario?".

Ma non basta. Fra i macigni che gli pesano in tasca ci sono gli ex. Tutti quelli che alla Leopolda hanno partecipato. "Quello di chi veniva alla Leopolda e ora è in silenzio è un silenzio vigliacco – scandisce –. Voi c’eravate: per quanto voi vi sentiate assolti, siete politicamente coinvolti". Riferimento netto al Pd. Salva solo la vicepresidente Irene Tinagli, l’unica che gli ha offerto solidarietà. Frecce avvelenate per Bersani e i 98mila euro che ha ricevuto dai Riva dell’Ilva di Taranto per la sua campagna elettorale. "Altro che caffè!".

Parla un’ora e mezzo Renzi, e la sua voce arriva a trasudare rabbia quando racconta del sequestro di cellulari e computer. "Non lo dico per me. Ma per tutti noi. Perché dentro ci può essere una vita". Il suo attentissimo pubblico non perde una parola e lo saluta con una standing ovation finale.

È il momento clou della seconda giornata della Leopolda. Unico altro spazio concesso quello al Ddl Zan. "Per superare il fallimento della Zan – sintetizza – basta un semplice articolo per allargare le tutele della Legge Mancino ai casi di omofobia, transfobia, abilismo. Il resto è bla bla". E, dalla Lega, Salvini rilancia: "Ci sto".