Mercoledì 24 Aprile 2024

Pressing Usa sul Papa perché scarichi Pechino Il Vaticano s’infuria: "Trump ci strumentalizza"

Negata l’udienza a Pompeo: "In campagna elettorale non concediamo incontri"

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di Nina Fabrizio

Il tentativo maldestro del segretario di Stato Mike Pompeo, emissario di Trump, di coinvolgere papa Francesco nella campagna elettorale Usa, non è andato a buon fine. "Ha chiesto l’udienza, ma è prassi che il Papa non incontri leader o delegazioni politiche in campagna elettorale", ha ‘confessato’ ai giornalisti uno sbigottito per quanto sempre conciliante cardinale Pietro Parolin, il segretario di Stato vaticano, incalzato ieri al termine del simposio sulla libertà religiosa promosso – unilateralmente – dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede. Nel terreno ‘neutro’ di una sala ricevimento dell’Hotel Excelsior di via Veneto, puntuale alle 10, Pompeo ha intimato la sua denuncia: nessuno più della Cina attacca la libertà religiosa, se il Vaticano proroga come previsto l’accordo top secret sulla nomina dei vescovi con Pechino perde la sua "autorità morale". E ha rincarato con un appello a papa Francesco ad avere "coraggio" suggerendo, in pratica, che sui diritti dei cristiani sparsi nel mondo, dall’Iraq a Pechino, passando per la Corea del Nord e Cuba, non dimostra la stessa audacia di Giovanni Paolo II che ha combattuto la Cortina di ferro e le tirannie.

In prima fila, ad ascoltarlo, il ministro degli Esteri vaticano, proprio l’incaricato del dossier Cina, monsignor Paul Richard Gallagher, che con il volto imbronciato ha lasciato l’Excelsior lasciandosi sfuggire dichiarazioni sul timore covato dalla Santa Sede, quello di essere di strumentalizzati da Trump in caduta libera nei sondaggi. Varcata l’uscita lui, ha fatto ingresso Parolin, che così non si è incontrato de visu con Pompeo che riceverà formalmente oggi in Vaticano. Al cardinale, l’ambasciata Usa, con scaltrezza, ha riservato il discorso di chiusura. Insomma, è stato chiaro che per i vertici vaticani è stata costruita una trappola. Non si sarebbero potuti sottrarre a un evento a così alto livello di ufficialità in difesa dei cattolici. E del resto, sono gli americani a gestire le basi di Kirkuk dove i curdi e molti cristiani sono riparati durante l’offensiva del Califfato. Altrettanto scaltro però rimane il Papa che nella trappola non è caduto. La sua posizione è stata illustrata da Parolin: Francesco è impegnato nel dialogo, in una strategia di distensione che include la mano tesa persino ai regimi. I suoi obiettivi, in primis la comunione dei cattolici, prescindono dalle scadenze elettorali.