Venerdì 26 Aprile 2024

Poco pathos Più complici che avversari

Pierfrancesco

De Robertis

Difficile pensare che dopo il dibattito di ieri sera qualcuno abbia cambiato idea su Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, oppure si sia sentito così tanto e così fortemente coinvolto da decidere, domenica prossima, di uscire di casa e andare a un gazebo.

Molto di più era obiettivamente ottimistico aspettarsi, ma l’ora trascorsa su Sky uno di fronte all’altro dai due candidati ha dato origine a un faccia a faccia pieno soprattutto di slogan, già sentiti nei molti confronti a distanza, mentre è mancato sia il confronto tra due visioni diverse del partito, sia il pathos per veicolarle. Assente sia la polarizzazione tematica, sia la polarizzazione affettiva. Certo, differenze ci sono, ma sono sempre rimaste sullo sfondo, e i due apparivano più un ticket che una coppia di avversari. I due candidati sono stati più attenti a non buscarne che a far male al competitor, in linea con la campagna elettorale interna giudicata noiosa dagli stessi iscritti al Partito democratico visto che mai come adesso hanno partecipato in pochi al primo turno delle primarie, quello riservato ai militanti. D’altra parte per molti osservatori i veri protagonisti di questo congresso sono stati quelli che non vi hanno preso parte, Matteo Renzi da una parte e Massimo D’Alema dall’altra. E tanto passa adesso il convento Pd, corbinismo con poca visione e riformismo con poca passione.

Così il confronto si è limitato a mettere in evidenza l’intento di Bonaccini di assicurare (promettere) un’unità interna una volta varcata la soglia del Nazareno (il governatore emiliano ha addirittura chiesto alla competitor di "lavorare uniti" qualsiasi sarà il responso delle urne) e all’opposto il desiderio della Schlein di sottolineare la necessità per il Pd di dotarsi di una identità più chiara e definita, nel suo caso più a sinistra. A loro modo due programmi diversi, e due modi diversi di vedere il partito. Non molto, ma i tempi sono questi.