Giovedì 25 Aprile 2024

Poche munizioni, eserciti divisi. Così l'Europa si scopre indifesa. Il confronto con Mosca

I Paesi della Ue spendono in armi tre volte in più della Russia. Ma ci sono troppi sprechi e inutili doppioni. Borrell: "Senza l’aiuto degli Usa in caso di attacco non potremmo resistere più di due settimane"

Militari russi su un Bmpt ‘Terminator’ (Tank Support Fighting Vehicle)

Militari russi su un Bmpt ‘Terminator’ (Tank Support Fighting Vehicle)

"Questa guerra deve essere un campanello d’allarme, l’Ue deve diventare una potenza anche militare, ma ne siamo ancora lontani, perché gli eserciti europei non potrebbero mantenere un conflitto come quello in Ucraina, senza l’aiuto americano, per più di due settimane. Finirebbero le munizioni". Così l’Alto rappresentate dell’Ue per la politica estera e di difesa europea Josep Borrell in un recente dibattito al think thank Ceps, ha messo il dito nella piaga: l’Europa, pur essendo ben al di sotto del 2% del Pil investito in difesa, soglia chiesta da anni dagli americani (che sono al 3,48%), spende tuttora molto e soprattutto male per la sua tutela. I numeri sono illuminanti. In termini assoluti l’Europa (Gran Bretagna esclusa, che ne vale altri 5860!) spende infatti 198 miliardi di euro all’anno, come dire 233 miliardi di dollari, mentre la Russia – il grande e rinnovato nemico strategico dalla Seconda guerra mondiale in poi – ne investe circa 65. "Spendiamo oltre un terzo di quanto spende la Russia e questo è un dato stupefacente" ha ricordato Mario Draghi. Parecchio stupefacente.

La questione essenziale, ben prima di ragionare su un ipotetico esercito europeo, è mettere da parte gli orgogli nazionali, sinergizzarsi e spendere meglio i nostri soldi. "Se ogni stato membro aumentasse per proprio conto la propria spesa attuale per la difesa per un “x“ per cento – ha osservato Borrell, che è anche presidente dell’Agenzia Europea per la Difesa – sarebbe un grande spreco di denaro, perché non correggeremmo le duplicazioni, le stesse cose che abbiamo molte volte, né le lacune, ciò che non abbiamo, ciò che nessuno fa. Quindi – ha sottolineato l’Alto Rappresentante – dobbiamo aumentare la nostra spesa militare in un modo coordinato, e non sarà facile perché l’esercito, le capacità di difesa sono il cuore della sovranità nazionale, e cercare di trainare lo sviluppo degli eserciti richiederà molta abilità politica". La consapevolezza che gli investimenti debbano aumentare è in rapido aumento. Tra i paesi che hanno fatto una conversione a 180 gradi delle proprie politiche di investimento nel settore difesa c’è la Germania, che ha annunciato (e ha finalizzato l’altro ieri in Parlamento) una legge speciale per finanziare con 100 miliardi di euro aggiuntivi le proprie forze armate dal 2023 al 2026, giungendo dal 2023 al 2% del Pil e toccando da sola i 70 miliardi di euro all’anno, più della Russia. Forse più complicato saranno coordinamento e sinergie, viste le gelosie e gli orgogli nazionali.

"I generali – ha detto l’altro ieri a Bruxelles il premier Mario Draghi – devono parlarsi di più e poi capire che i soldi sono tutti nostri. Le strade per ottenere il massimo dalla difesa comune europea sono tante, e una delle principali è l’interoperabilità. Oggi abbiamo tantissimi eserciti, tantissimi sistemi di difesa, che però non sono scambiabili". "E poi – ha sottolineato Draghi – c’è il dato che importiamo il 60% delle armi da altre parti del mondo. Ora sicuramente le importazione sono dovute anche a considerazioni tecnologiche, ma noi non siamo esattamente indietro in quanto a tecnologia militare. Bisogna in qualche modo coordinarsi e agire su condizioni di reciprocità".

Il processo, come ammette Draghi "sarà lungo" ma la riprova che la direzione sia giusta sono le veementi reazioni della Russia. "La difesa congiunta UE – ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov – diventerà un’appendice della Nato perché questo è l’obiettivo di chi vuole porre l’Occidente sotto il controllo degli Stati Uniti. Quelle di Borrell, portavoce della minoranza russofoba oggi molto attiva, sono solo parole". Parole che però preoccupano Mosca. Se si tradurranno in azioni, l’orso russo avrà infatti meno spazio per avventure dissennate come quella ucraina.