Giovedì 25 Aprile 2024

Patrimoniale, il Pd spaccato in Europa

Raffaele

Marmo

Il "caso Cottarelli" rischia di non rimanere isolato. L’abbandono di un’impostazione lib-lab nelle politiche economiche del Pd a guida Schlein può determinare slavine non controllabili. Come dimostra la bocciatura della proposta di patrimoniale europea avanzata dal gruppo dem al Parlamento europeo.

I fatti. La delegazione del Pd in Europa ha sostenuto una risoluzione per spingere la Commissione a prevedere l’istituzione di una imposta dell’Unione sui patrimoni di "individui e famiglie" in chiave di contrasto delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza.

Diciamo subito che l’ipotesi, messa ai voti, non è passata. Ma il punto non è solo o tanto questo. Il punto è che, da un lato, la scelta di mettere all’ordine del giorno una soluzione fiscale di questa portata è una nuova conferma della svolta radicale verso la sinistra-sinistra impressa al partito dalla nuova leader del Nazareno. Dall’altro lato, però, emerge con nettezza che su questo versante i malumori e le riserve nel Pd sono destinati a moltiplicarsi. Basti pensare che ben tre parlamentari europei dem si sono astenuti sull’iniziativa presentata dal proprio gruppo (Irene Tinagli, Patrizia Toia e Achille Variati) e che Mercedes Bresso ha addirittura votato contro.

Quattro eurodeputati che manifestano un evidente dissenso rispetto a un nodo identitario centrale della politica economica del proprio partito non sono un episodio contingente da derubricare. Non lo sono tanto più dopo che non più tardi di qualche giorno fa l’economista Carlo Cottarelli ha preso cappello dal gruppo parlamentare del Senato con motivazioni che riguardano, come nel caso del voto al Parlamento europeo, la constituency del nuovo partito di Elly Schlein. Peccato, però, che invece di aprire un dibattito profondo e intenso su un passaggio storico, dalle parti dello stato maggiore del nuovo Pd si preferisca far finta di niente.