Giovedì 25 Aprile 2024

"Ora è emergenza salari Tagliare il costo del lavoro"

L’economista Del Conte avverte: la scala mobile sarebbe un boomerang "Le aziende dovrebbero prevedere aumenti in base all’efficienza produttiva"

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di Claudia Marin

L’inflazione si fa sentire sempre più intensa e colpisce direttamente il potere d’acquisto dei redditi dei lavoratori. Bankitalia e altri analisti mettono in guardia dal rischio di una nuova spirale prezzi-salari. "In questa fase nessuno può prevedere come evolverà la spirale prezzi-salari – avvisa Maurizio Del Conte, professore alla Bocconi e regista della creazione dell’Anpal durante il governo Renzi - ma se l’impennata dell’inflazione dovesse prolungarsi oltre l’estate ci sarà da aspettarsi un autunno caldo sul fronte delle retribuzioni. L’Italia soffre già di livelli salariali bassi, le famiglie italiane non hanno molti margini per resistere a lungo. Ne va della tenuta sociale del Paese".

Quali differenze ci sono rispetto alla spirale degli anni Settanta e Ottanta?

"Tutti ci auguriamo che la situazione attuale non ci riporti all’esperienza degli anni Settanta, altrimenti dovremmo prepararci a una inflazione a due cifre per i prossimi vent’anni. Ma per fugare quello scenario occorre non ripetere gli errori del passato e affrontare subito la questione salariale, prima che la situazione vada fuori controllo".

L’attuale sistema contrattuale è insufficiente per affrontare questa fase e scongiurare il ritorno al passato?

"Molti contratti sono stati rinnovati da poco in un contesto macro-economico in cui l’inflazione tendenziale era sotto il 2%. In questo momento siamo attorno al 5% e non sappiamo come lo scenario evolverà nei prossimi mesi. È chiaro che il cambiamento di contesto richiederà un cambio di approccio nella gestione delle dinamiche retributive".

Come si interviene per proteggere il potere d’acquisto delle retribuzioni senza generare una corsa al rialzo dei prezzi?

"Non si devono ascoltare le sirene nostalgiche della scala mobile che non farebbe altro che innescare una pericolosa spirale inflattiva, il cui prezzo più alto finirebbe per ricadere proprio sui lavoratori. Penso che il governo dovrebbe chiamare alla responsabilità le parti sociali. Serve un nuovo patto sociale, recuperando lo spirito del 1993, quando il presidente Ciampi firmò il patto con sindacati e associazioni datoriali che ci consentì di entrare nell’unione monetaria".

Cgil e Uil puntano sulla contrattazione nazionale la Cisl sulla politica dei redditi, il numero uno di Confindustria, sulla contrattazione decentrata che però è limitata e non copre tutti. Come se ne esce?

"Penso che si debba costruire una nuova architettura contrattuale che consenta di agire sia sul livello nazionale sia su quello aziendale. A livello nazionale si dovrebbe prevedere un sistema di recupero ex post dell’inflazione (che riguarda solo alcuni voci, ndr), sulla falsariga di quanto già previsto in alcuni contratti, in primo luogo quello dei metalmeccanici. A livello aziendale si deve agire la leva della produttività, prevedendo aumenti strettamente legati all’incremento della efficienza produttiva".

Il governo come potrebbe favorire a livello fiscale o con una nuova politica dei redditi il riassorbimento dell’inflazione? Con il taglio del costo del lavoro?

"Il taglio del costo del lavoro resta una priorità per rendere competitive le imprese. Stiamo spendendo miliardi per contenere i prezzi delle bollette. E’ una politica comprensibile nell’immediato, ma che non risolve il problema ed è insostenibile nel lungo periodo. Se destinassimo quelle risorse a tagliare le tasse sul lavoro daremmo una spinta concreta alle imprese e ai redditi delle famiglie".